Giada Zanola gettata dal cavalcavia, in casa e nel corpo della donna sedativi prescritti al compagno
Rischia di aggravarsi sempre di più la posizione di Andrea Favero, l’uomo accusato di aver gettato dal cavalcavia e ucciso la compagna Giada Zanola a Vigonza, nel Padovano. Nelle boccettine trovate nella casa della coppia e sequestrate dopo l’arresto dell’uomo, infatti, è stato individuato lo stesso farmaco sedativo rintracciato anche nel sangue della 33enne. Si tratta di medicinali che nessun medico aveva prescritto alla donna e che invece pare fossero prescritti proprio all’uomo che li avrebbe comprati e portati a casa.
Le boccette vuote di psicofarmaci sequestrate in casa della coppia contenevano gli stessi elementi rinvenuti nel corpo della vittima durante l'autopsia. Si tratta di benzodiazepine, emerso dagli esami tossicologici condotti dal medico legale insieme all’autopsia. Un ulteriore indizio che avvalora l’ipotesi della premeditazione dell’omicidio. Il sospetto è che Giada Zanola possa essere stata narcotizzata prima di essere gettata dal cavalcavia nella notte tra il 28 e 29 maggio scorsi a Vigonza.
La donna era sicuramente viva quando è stata gettata dal cavalcavia dell’autostrada A4 nel Padovano e travolta di mezzi in transito. L’ipotesi è che sia stata stordita affinché potesse essere afferrata e gettata dal ponte. Una ipotesi avvalorata anche dal racconto di alcune amiche di Giada. Una di loro infatti ha raccontato agli inquirenti che la 33enne le aveva confidato di temere un avvelenamento da parte del compagno.
Una confidenza che la donna avrebbe fatto qualche settimana prima di morire dopo le numerose liti con l’uomo sulla fine del loro rapporto. Giada Zanola avrebbe detto agli amici più stretti di soffrire di sonnolenza e di temere che fosse stato proprio il compagno a drogarla a sua insaputa.
Una circostanza che, se verificata, potrebbe portare la Procura a contestare al compagno anche la premeditazione del reato, aggravante che per ora non gli viene però contestata. L’uomo sarà sottoposto anche ad analisi del sangue per capire se effettivamente anche lui avesse assunto quel farmaco che gli era stato prescritto.
Andrea Favero dal suo canto continua a ripetere che non ricordare quanto accaduto sul quel cavalcavia ma solo la lite precedente in casa che li avrebbe portati sul posto. “Giada si è allontanata a piedi verso il cavalcavia. Io ho preso l'auto e l'ho seguita raggiungendola dopo pochi metri da casa e facendola salire per portarla a casa. Continua va a dire che mi avrebbe tolto il bambino e non me lo avrebbe più fatto vedere. A quel punto ricordo che siamo scesi dall'autovettura, ma qui i ricordi si annebbiano” ha sostenuto l’indagato che resta in carcere con l’accusa di omicidio.