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La morte di George Floyd in Usa

George Floyd, l’uomo nero che fa ancora paura all’America

Sono così tanti, questi ragazzi che si agitano sotto il peso delle ginocchia dei tutori della legge, che in Paradiso dovranno fare un settore apposta per loro, vicino ai morti per epilessia, accanto ai caduti dalle scale, e dirimpetto a quelli ammazzati dal “sasso di un manifestante”. Speriamo rimanga del posto, che il Paradiso in questo modo si sta riempiendo troppo, troppo velocemente.
A cura di Saverio Tommasi
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George Floyd
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Signori, abbiamo un Riccardo Magherini anche in America.
Loro sono arrivati dopo, noi prima. Rivendichiamo il primato, noi siamo italiani e non caporali. Prima gli italiani soffocati poi tutti gli altri se avanza posto. Ma il posto se lo sono fatto con le ginocchia e i manganelli e così ce n'è scappato davvero un altro, ma i primi siamo stati noi. Ora si metta in fila quel "George Floyd" di "circa quarant'anni", come troneggiano i titoli.

"Circa quarant'anni" per sempre, ormai. Fa impressione a pensarci.

Certamente la comparazione con l'Italia non è possibile – per fortuna, e qui sono serio – sia per storia che per numeri. Negli Stati Uniti d'America ci sono oltre 200 vittime l'anno, vittime di abusi e di razzismo.
Sono neri, questa è la Storia: sono neri quelli che in America sono schiacciati ogni anno dal peso delle ginocchia e del razzismo.
La grande democrazia americana schiaccia i neri anche se per otto anni ha eletto un nero Presidente; nonostante questo è chiaro anche ai sassolini nel fiume che se Floyd fosse stato bianco, le labbra più piccole, i capelli biondi o almeno castani, oggi sarebbe vivo.
Non ricordo immagini di abusi così evidenti, espliciti, perpetrati sotto gli occhi di telefonini e testimoni, da parte della polizia americana nei confronti di una persona bianca.
Il poliziotto nero che schiaccia il collo a un cittadino americano bianco, con tutta la pattuglia lì a supportare, per dire, non è pensabile neanche mettendo in moto la fantasia più estrema.

Dal colore della pelle siamo costretti a partire, nella riflessione di quanto accaduto, perché nella vicenda americana è stato dirimente. Poi ci sono altre caratteristiche, che per similitudine con quanto accaduto in Italia a Riccardo Magherini, inquietano. George Floyd "appariva sotto gli effetti di droga", hanno detto gli agenti. Come Riccardo Magherini, e anche Floyd "si è opposto all'arresto".
Per la verità sotto quel ginocchio sussurrava "sto soffocando", ma chissà, forse quella in America è considerata opposizione. Floyd avrebbe dovuto dire "grazie signor agente perché mi sta liberando la gola da quei brutti catarri che avevo da una settimana" e tutti avrebbero capito.
Doveva pensarci prima, Floyd.

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Anche Riccardo Magherini, a Firenze, gridava "aiuto, salvatemi, chiamate un'ambulanza, salvatemi, ho un figlio". Opposizione anche quella, a taluni pare evidente: Riccardo Magherini con quelle frasi cercava di intenerire i carabinieri che in quel momento sopra di lui lo accarezzavano con un ginocchio simile a quello americano.
Il fatto che poi sia morto davvero, e che davvero avesse un figlio, è comunque un "incidente medico". Sono stati anche assolti.

A Minneapolis un testimone dice al poliziotto "vuole rimane lì seduto con il ginocchio sul collo?" e il poliziotto non risponde. Un carabiniere, a Firenze, disse invece a un testimone "non rompere i coglioni", glielo disse per due volte. Ci sono i filmati, ci ho fatto pure un reportage con il fratello di Riccardo Magherini.

Iniziano a essere così tanti, questi ragazzi che si agitano sotto il peso delle ginocchia per autosoffocarsi, che in Paradiso dovranno fare un settore apposta per loro, vicino ai morti per epilessia, accanto ai caduti dalle scale e dirimpetto a quelli ammazzati dal "sasso di un manifestante".
La maggioranza di queste anime avrà la pelle nera e parlerà americano, ricordiamolo. O forse in Paradiso comunicheremo con l'esperanto e saremo daltonici nell'animo, cioè finalmente incapaci di giudicare e reprimere a seconda del colore della pelle.

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Sono giornalista e video reporter. Realizzo reportage e documentari in forma breve, in Italia e all'estero. Scrivo libri, quando capita. Il più recente è "Siate ribelli. Praticate gentilezza". Ho sposato Fanpage.it, ed è un matrimonio felice. Racconto storie di umanità varia, mi piace incrociare le fragilità umane, senza pietismo e ribaltando il tavolo degli stereotipi. Per farlo uso le parole e le immagini. Mi nutro di video e respiro. Tutti i miei video li trovate sul canale Youmedia personale.
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