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Gelli come Federico II e Vittorio Emanuele II: scomunicati, ma con funerale in chiesa

La Chiesa ha spesso concesso i funerali a persone scomunicate. Il Codice di Diritto Canonico, tuttavia, vieta le esequie pubbliche per i “peccatori manifesti”.
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Suicidi e persone che decidevano di cremare le proprie ceneri: a queste due categorie di persone, per secoli, sono stati negati i funerali in una chiesa cattolica. Con l’approvazione del nuovo Codice di Diritto Canonico, nel 1967, questo divieto si è molto ammorbidito. Sì ai funerali per i suicidi: si ritiene che chi la fa finita con la propria vita non sia in uno stato psicologico tale da rendersi conto del suo gesto e dunque lo si deve affidare alla misericordia di Dio; ugualmente, chi decide di farsi cremare senza voler intendere, con tale volontà, una contrarietà agli insegnamenti della Chiesa cattolica può ottenere esequie celebrate da un sacerdote.

Il Codice di Diritto Canonico recita testualmente: “Se prima della morte non diedero alcun segno di pentimento, devono essere privati delle esequie ecclesiastiche: quelli che sono notoriamente apostati, eretici, scismatici; coloro che scelsero la cremazione del proprio corpo per ragioni contrarie alla fede cristiana; gli altri peccatori manifesti, ai quali non è possibile concedere le esequie senza pubblico scandalo dei fedeli.” In quest’ultimo caso sono stati fatti rientrare dal vicariato di Roma prima Piergiorgio Welby nel 2006, poi Erich Priebke nel 2013. Il primo, per aver contrastato apertamente l’insegnamento della Chiesa sulla eutanasia fino al momento della sua morte; il secondo, perché colpevole di atrocità durante la Seconda Guerra Mondiale, di cui non si era mai pentito. In quest’ultimo caso, però, sacerdoti della comunità San Pio X, i “lefevbriani”, non in piena comunione con il Papa e gli insegnamenti della Chiesa cattolica, decisero comunque di celebrare i suoi funerali.

Alcuni vescovi, come il cardinale Crescenzio Sepe, che guida la diocesi di Napoli e Antonino Raspanti, che regge Acireale, hanno invitato negli ultimi anni i loro parroci a negare funerali in chiesa a camorristi e mafiosi che non si siano pentiti. Spesso, però, è la questura a tagliare la testa al toro, decidendo di vietare le esequie per motivi di sicurezza e di ordine pubblico, come avvenuto appena poche settimane fa in occasione della morte del padre del boss dei casalesi Michele Zagaria, la cui salma è stata direttamente portata da casa al cimitero. Recentemente, poi, è stato negato dalla diocesi di Nola funerale di Assunta Buonfiglio, madre della jihadista italiana Fatima, fortemente richiesto dalla sorella: in quel caso, un rappresentante del vescovo aveva spiegato che non era possibile concedere i funerali ad un’apostata, una persona che aveva rinnegato la fede cattolica per convertirsi all’Islam.

Diversi, nei secoli scorsi, i casi di personaggi noti, nell’epoca in cui vivevano, a cui la Chiesa cattolica vietò i funerali pubblici. Non avrebbe potuto averli, ad esempio, il primo re d’Italia, Vittorio Emanuele II, che in vita fu scomunicato per ben tre volte perché massone e violentemente ostile alla Chiesa cattolica, che fu espropriata, nel 1870, dei terreni dello Stato Pontificio. Quando fu in punto di morte, però, Pio IX inviò al suo capezzale un prete per impartirgli l’assoluzione da tutti i peccati, così il re ricevette funerali religiosi il 17 gennaio 1878 all’interno del Pantheon di Roma. Sei secoli prima, i funerali di Federico II di Svevia, anch'egli scomunicato, non si tennero in Chiesa ma nel suo palazzo imperiale. Tuttavia, le spoglie del grande imperatori furono traslate nel Duomo di Palermo, dove si trovano tuttora.

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