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Omicidio Chiara Poggi: il delitto di Garlasco

Garlasco, parla il giudice che assolse Stasi: “Sempio? Conservò uno scontrino, come fosse un alibi”

Stefano Vitelli, giudice che in primo grado assolse Alberto Stasi, ripercorre i passaggi cruciali di quel processo: “Mancava il movente per condannarlo. Sempio? Conservò uno scontrino, un fatto un po’ curioso. Come fosse un alibi”.
A cura di Davide Falcioni
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Non solo due consulenze che indicano la possibile riconducibilità del DNA trovato sulle e sotto le unghie di Chiara Poggi ad Andrea Sempio, ma anche nuovi accertamenti su impronte digitali e di scarpe lasciate sulla scena del crimine. La Procura di Pavia, guidata da Fabio Napoleone, ha riaperto due giorni fa l'inchiesta sull’omicidio di Chiara Poggi, avvenuto il 13 agosto 2007 nella villetta di famiglia a Garlasco.

Tra gli elementi su cui si concentrano gli investigatori, figurano anche tre telefonate sospette e il biglietto di un parcheggio, che potrebbe essere stato utilizzato per costruire un alibi. L’obiettivo è approfondire indizi mai del tutto chiariti nel corso delle precedenti indagini. A scoprire il corpo della giovane, riverso in un lago di sangue ai piedi delle scale, era stato il suo fidanzato di allora, Alberto Stasi. Dopo due assoluzioni, Stasi è stato condannato in via definitiva a 16 anni nel processo d’appello bis. L’ex studente bocconiano, che si è sempre dichiarato innocente, sta scontando la pena nel carcere di Bollate, da cui esce per lavorare.

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Le nuove verifiche potrebbero riaprire scenari in un caso che, nonostante la condanna definitiva, continua a sollevare interrogativi. Oggi Sempio si sottoporrà ai test per il riscontro definitivo sul Dna, tuttavia già nel 2009 c'era chi dubitava della colpevolezza di Stasi. Si tratta del giudice Stefano Vitelli che in primo grado decise di non condannarlo e che, in un'intervista al Corriere, ha ripercorso le ragioni di quella sentenza.

"Non conosco – dice Vitelli – gli atti dei successivi gradi di giudizio, figuriamoci se mi metto a parlare di un'inchiesta in corso. Ma non bisognerebbe mai dimenticare quanto il ragionevole dubbio sia importante, per noi magistrati e per l’opinione pubblica. Per il quadro dell’accusa, e parlo ovviamente del primo grado, su Stasi c’era qualcosa che puzzava, detto con orribile termine da film poliziesco, ma sembrava mancare qualcosa che lo incastrasse. Tutto ciò che veniva fatto, aumentava i dubbi".

Il giudice spiega che all'epoca vennero fatte simulazioni della camminata, "e a volte le scarpe si sporcavano altre no, e poi quella bicicletta, e la testimone che ne indicava una diversa, niente tracce di sangue nel lavabo. Alla fine arrivavi sempre alla domanda: è stato davvero lui? C’erano indizi, ma contraddittori e insufficienti. Per non parlare della perizia informatica. Era una sera d’estate, lo ricordo ancora. Mi telefona l’ingegnere, bravissimo, e mi fa: ‘Dottore è sul divano? Ci resti. Stasi stava lavorando al pc, alla sua tesi'. Si poteva pensare avesse fatto finta e invece, risulta che scrisse correzioni congrue, con un lavoro intellettualmente impegnativo. Stasi avrebbe commesso il delitto e si sarebbe messo a lavorare alla tesi, nel modo che abbiamo detto prima. Idem le tracce sul dispenser del bagno: la sera prima aveva mangiato la pizza, che si fosse lavato era un'alternativa lecita. Poi soprattutto mancava il movente. Sempio? Conservò uno scontrino, un fatto un po' curioso. Come fosse un alibi".

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