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Incidente Funivia Stresa-Mottarone

Funivia Stresa Mottarone, 3 fermi: “Hanno ammesso. Freno d’emergenza disattivato per scelta”

La scorsa notte – al termine di un lungo interrogatorio – tre persone sono state poste in stato di fermo in relazione alla strage della funivia Stresa – Mottarone. I tre hanno ammesso le loro responsabilità questa mattina: secondo gli inquirenti avrebbero deliberatamente manomesso il freno d’emergenza per evitare disservizi e blocchi della funivia. Tra i fermati c’è anche il proprietario dell’impianto Luigi Nerini, 56 anni.
A cura di Davide Falcioni
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Svolta nelle indagini sulla strage della funivia Stresa – Mottarone: al termine di un lungo interrogatorio tre persone sono state poste in stato di fermo e condotte nel carcere di Verbania. Tra loro il direttore del servizio Enrico Perocchio, il capo operativo Gabriele Tadini e il titolare della  società ‘Ferrovie del Mottarone' Luigi Nerini, 56 anni. Perocchio è anche direttore d'esercizio della funivia del santuario Nostra Signora di Montallegro a Rapallo.

I tre hanno ammesso le loro responsabilità. A renderlo noto è stato il comandante provinciale dei carabinieri di Verbania, tenente colonnello Alberto Cicognani. "Il freno non è stato attivato volontariamente? Sì, sì, lo hanno ammesso", ha detto l'ufficiale dell'Arma ai microfoni di Buongiorno Regione, su Rai Tre. "C'erano malfunzionamenti nella funivia, è stata chiamata la manutenzione, che non ha risolto il problema, o lo ha risolto solo in parte. Per evitare ulteriori interruzioni del servizio, hanno scelto di lasciare la ‘forchetta', che impedisce al freno d'emergenza di entrare in funzione".

Nei confronti dei tre le accuse sono quelle di omicidio colposo plurimo, disastro colposo e rimozione degli strumenti atti a prevenire gli infortuni aggravato dal disastro e lesioni gravissime. Secondo gli inquirenti da settimane i tre erano a conoscenza del guasto al sistema frenante di sicurezza, che fin dai primi rilievi era apparso manomesso; in particolare era emerso che era stato installato un dispositivo, un cosiddetto forchettone, per disabilitare i freni di emergenza. Per il procuratore capo di Verbania Olimpia Bossi non si sarebbe trattato di una dimenticanza, bensì una scelta deliberata per evitare continui disservizi e blocchi della funivia. Così, quando il cavo si è spezzato, il freno di emergenza non è entrato in funzione.

L'accusa: manomessi deliberatamente i freni d'emergenza

Le perizie sui reperti hanno infatti permesso agli inquirenti che indagano sull'incidente alla funivia del Mottarone di accertare che "la cabina precipitata presentava il sistema di emergenza dei freni manomesso", ha spiegato Bossi. In particolare il cosiddetto ‘forchettone', cioè il divaricatore che tiene distanti le ganasce dei freni che dovrebbero bloccare il cavo portante in caso di rottura del cavo trainane, non è stato rimosso per "evitare disservizi e blocchi della funivia. Il sistema presentava delle anomalie e avrebbe necessitato un intervento più radicale con un blocco se non prolungato consistente". "La rottura del cavo è stata l'innesco della tragedia. Ora si tratta di approfondire quanto accennato sui freni. Abbiamo bisogno dell'intervento dei tecnici". "Domenica l'altra cabina non aveva il ‘forchettone', ma verificheremo se l'apposizione era stata fatta anche su quella".

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La funivia ha funzionato per giorni senza freni d'emergenza

Tornata in funzione da  circa un mese dopo lo stop causato dalla pandemia, la funivia del Mottarone "era da più giorni che viaggiava in quel modo e aveva fatto diversi viaggi", ha precisato il procuratore Olimpia Bossi. Interventi tecnici, per rimediare ai disservizi, erano stati "richiesti ed effettuati", uno il 3 maggio, ma "non erano stati risolutivi e si è pensato di rimediare". Così, "nella convinzione che mai si sarebbe potuto verificare una rottura del cavo, si è corso il rischio che ha purtroppo poi determinato l'esito fatale", ha sottolineato il magistrato, parlando di "uno sviluppo consequenziale, molto grave e inquietante, agli accertamenti svolti".

Nei confronti dei tre fermati un "quadro fortemente indiziario"

O primi tre fermi potrebbero essere solo l'inizio: nei prossimi giorni sarà infatti necessario confermare quanto emerso dai primi accertamenti e "valutare eventuali posizioni di altre persone". "Si è tutto accelerato nel corso del pomeriggio e di questa notte – ha concluso il procuratore lasciando la caserma -. Nelle prossime ore cercheremo di verificare, con riscontri di carattere più specifico, quello che ci è stato riferito". Quello nei confronti dei tre fermati è un "quadro fortemente indiziario": si tratta infatti di persone che avevano, "dal punto di vista giuridico ed economico, la possibilità di intervenire". E che, secondo gli sviluppi dell'inchiesta, non l'hanno fatto.

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