Funivia Mottarone, forchettone usato più volte ma direttore e gestore scaricano colpe su caposervizio
Il forchettone blocca freno alla base della tragedia della funivia Mottarone Stresa era stato già usato altre volte per evitare il blocco degli impianti e non solo la mattina dell’incidente costato la vita a 14 persone. Lo ha confermato oggi durante l'interrogatorio davanti al gip di Verbania Gabriele Tadini, il caposervizio dell’impianto di risalita che è tra i tre arrestati nell'inchiesta sulla strage. L'uso del ceppo blocca freno quindi pare fosse diventa cosa abitudinaria eppure gli altri due accusati hanno ribadito davanti al giudice di non saperne nulla scaricando la responsabilità sul caposervizio. "Non sapevo dei forchettoni, è stata una scelta scellerata di Tadini" ha dichiarato infatti Enrico Perocchio, direttore d’esercizio della funivia, che ha invece rigettato ogni accusa. Il titolare della Ferrovie del Mottarone, Luigi Nerini, invece è andato oltre dichiarando che la manutenzione e la sicurezza dell'impianto non era sua competenza.
"Non potevo fermare io l'impianto. La sicurezza non è un affare dell'esercente, per legge erano Tadini e Perocchio a doversene occupare" ha sostenuto Nerini di fronte ai giudici, secondo quanto riferito dal suo legale, l'avvocato Pasquale Pantano secondo il quale il suo assistito "non aveva nessun interesse a non riparare la funivia". "Nerini ha spiegato che lui si deve occupare degli affari della società e che non aveva nessun interesse a non riparare la funivia. Smettetela di dire che ha risparmiato sulla sicurezza" ha dichiarato il suo legale.
"Non sapevo dell'uso dei forchettoni, non ne ero consapevole. Non salirei mai su una funivia con ganasce, quella di usare i forchettoni è stata una scelta scellerata di Tadini" ha dichiarato invece al gip del tribunale di Verbania il direttore di esercizio della funivia del Mottarone, Enrico Perocchio. Secondo il suo avvocato "è chiaro che se la funivia del Mottarone chiude per manutenzione l'ingegnere Perocchio non perde denaro ma dorme su otto cuscini". Per questo sia i legali di Perocchio che di Nerini hanno chiesto la scarcerazione per i loro assistiti.
Richiesta dei domiciliari invece per Tadini che ha ammesso tutte le sue colpe sui freni ma ribadendo di non essere consapevole di quanto poteva accadere. "Non sono un delinquente. Non avrei mai fatto salire persone se avessi pensato che la fune si spezzasse", ha detto il caposervizio della funivia del Mottarone ai giudici. "Il mio assistito è distrutto, sono quattro giorni che non mangia e non dorme, il peso di questa cosa lo porterà per tutta la vita. È morta gente innocente, potevano esserci il figlio di Tadini o il mio" ha aggiunto il difensore.