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Incidente Funivia Stresa-Mottarone

Funivia del Mottarone, il caposervizio: “I dipendenti sapevano dei freni disinseriti”

Secondo quanto dichiarato dal caposervizio della Funivia del Mottarone, Gabriele Tadini, tutti coloro che lavoravano nell’impianto erano stati informati dell’inserimento dei forchettoni, ormai prassi da quasi un mese per evitare i continui blocchi della struttura. “Ho detto a Perocchio cosa avevo fatto e non mi ha risposto. A Nerini l’ho comunicato per tre volte al telefono. Nessuno mi ha detto niente, ma di fatto mi hanno incentivato a continuare”
A cura di Gabriella Mazzeo
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"A Perocchio (direttore di esercizio e dipendente della Leitner che si occupa della manutenzione) ho detto che avrei continuato con i forchettoni e lui non mi ha risposto. Tutti mi hanno detto comunque vai avanti con questo sistema. Perocchio poteva immaginarlo che avrei continuato senza sistema di emergenza. Ho detto a Nerini (gestore dell'impianto) che avrei messo i ceppi. Tre volte gliel'ho detto al telefono". Un'accusa generale che Gabriele Tadini, caposervizio addetto alla gestione della funivia del Mottarone, rivolge a un "tutti" troppo generico, secondo la procura, per giustificare la custodia cautelare per Nerini e Perocchio. Lui resta ai domiciliari nella sua abitazione in provincia di Novara, mentre gli inquirenti continuano a interrogare i dipendenti della struttura alla ricerca di nuovi elementi. Gli indagati per il crollo della cabina che ha portato alla morte di 14 persone restano per il momento sempre gli stessi: Luigi Nerini, proprietario della Funivia del Mottarone, Gabriele Tadini, caposervizio, ed Enrico Perocchio, responsabile dell'attività dell'impianto e della manutenzione.

"Avevamo chiesto più volte assistenza – ha detto ancora Tadini nella sua lunga confessione davanti ai magistrati -. Sapevamo che avevamo rischiato di chiudere con l'ultima verifica. Abbiamo utilizzato i forchettoni in modo quasi abituale nell'ultimo mese, in attesa di un nuovo intervento di manutenzione. Poi c'è stato il maltempo e l'intervento è stato posticipato. Non è mai stato effettuato perché si è verificato il tragico evento".

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Il caposervizio: "Tutti sapevano"

Tadini si è assunto più volte nel corso dell'interrogatorio la responsabilità di aver disattivato il sistema di emergenza dei freni della funivia per impedire i continui blocchi dell'impianto. Lo scopo era quello di non perdere i guadagni di una giornata di sole, secondo quanto ha raccontato agli inquirenti. "Ho detto a Nerini che ormai disattivare il sistema di sicurezza era prassi. Mi dicevano arrangiati. Gli altri dipendenti sapevano di viaggiare senza i freni di emergenza. Lo avevo ordinato io". Dall'altra parte, invece, Perocchio e Nerini hanno negato più volte le responsabilità. "Non sapevo dei forchettoni – ha infatti dichiarato Perocchio davanti ai magistrati -. Si tratta di una scelta scellerata di Tadini. Nessuno dei dipendenti sarebbe mai salito su una cabina senza paracadute di sicurezza, sarebbe stato un suicidio". Il titolare della struttura del Mottarone, Luigi Nerini, ha invece affermato tramite il suo legale che la manutenzione e la sicurezza dell'impianto non erano di sua competenza. "Non potevo fermare la struttura. La sicurezza non è un affare dell'esercente. Per legge dovevano occuparsene Tadini e Perocchio".

La testimonianza di un operatore

Dai verbali degli interrogatori emergerebbe la testimonianza di un operatore, Fabrizio Coppi, il quale sapeva dei forchettoni poiché il suo superiore gli aveva chiesto di lasciarli inseriti, specificatamente sulla "vettura numero 3" su cui persisteva una perdita di pressione alla centralina dei freni. In quell'occasione, Tadini gli aveva detto che la rottura del cavo avrebbe richiesto molto tempo. "Prima che si rompa un cavo traente o una testa fusa ce ne vuole", queste sarebbero state le parole precise. Ma soprattutto riferisce di aver sentito più volte Tadini, Nerini e Perocchio discutere sul problema al freno di emergenza. "Ho udito più volte Tadini parlare animatamente al telefono con Perocchio e Nerini, perché questi ultimi erano contrari alla chiusura dell'impianto. Il caposervizio voleva fermarlo. Dopo alcune telefonate era molto turbato e demoralizzato".

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