Funerali di Yara Gambirasio: l’omelia di Monsignor Francesco Beschi, vescovo di Bergamo
I funerali di Yara Gambirasio sono stati celebrati seguendo quella che era la volontà dei Gambirasio, ovverosia il raccoglimento e la discrezione. Una celebrazione commossa a cui ha partecipato l'intera comunità di Brembate e che è stata amministrata dal monsignor Francesco Beschi, il vescovo di Bergamo. Il religioso, sin dall'apertura della cerimonia si è rivolto soprattutto a loro, a Fulvio e Maura Gambirasio e ai fratelli di Yara. Dopo il Vangelo di Matteo durante il quale sono state lette testuali parole: "Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero." é stata la volta dell'omelia.
Già dalle prime frasi, monsignor Beschi non ha potuto evitare di riferirsi ai responsabili della morte di Yara, di cui ancora non si conosce l'identità:
Il peso è l’oscurità. Perché anche quella diventa pesante, l’oscurità del male. Yara non è semplicemente morta ma su di lei abbiamo visto accanirsi il male. Il male non è qualcosa che aleggia come un’ombra o una bufera, il male ha dei volti, oscuri anche quelli. Vorremmo incrociare il nostro sguardo con quegli sguardi. E vorremo dire a quei volti di uscire dall’oscurità. E’ un’oscurità che sta mangiando anche voi."
Poi torna sulle parole del Vangelo e ripete “Venite a me voi tutti che siete stanchi, affaticati ed oppressi” e continua dicendo "Il peso che ci fa male è il peso di una sconfitta. Noi ci guardiamo,e rimaniamo stupiti. Diciamo parole di riconoscimento a tutti, a voi cari che non lo volete , a tutti quelli che si sono adoperati. Proprio perché sappiamo di questa generosità, di questa lotta, sentiamo comunque il peso di una sconfitta. "
La sconfitta per non aver trovato prima Yara, per non averla trovata in vita, soprattutto. Una sconfitta che potrebbe condurre i suoi cari e tutti quanti hanno amato Yara ad abbandonarsi al male, di fronte a questo immenso dolore:
C’è una grande tentazione che ci attraversa che è rappresentata da un’immagine. È l'immagine di un ponte interrotto, dove cammina una famiglia. Ora chi ricostruirà questo ponte? Dobbiamo pensare che l'onestà, la giustizia, l'amore, la fiducia siano tutte un grande errore? Questa è la tentazione: la paura ci tenta, e pensiamo che quella strada che abbiamo percorso e che è stata interrotta ora non sia più percorribile.
Poi continua
Chi ricostruirà questo ponte? L'onesta e la lealtà, l'umiltà sono più belle della menzogna. Questo abbiamo visto in Yara. Il ponte noi forse non riusciremo a costruirlo, ma c'è un ponte su cui possiamo ricominciare a camminare: è la Croce di Cristo, di Yara, degli innocenti. Sono loro che ci conquistano e noi sulla loro Croce possiamo continuare a camminare. Siamo piccoli, ci sentiamo tanto piccoli. Siamo piccoli di fronte all’entità del male. Siamo perché noi crediamo all’amore di Dio che noi riconosciamo nella croce degli innocenti.
Poi, riprendendo il testo dell'Apocalisse si rivolge all'intera comunità di Brembate, da cui Yara è stata strappata. Dal giorno della scomparsa la comunità di Brembate ha partecipato al dolore dei genitori e degli amici "con attenzione e discrezione". Tant'è che, come dice Beschi "rappresenta una città come la vorremmo. […] Brembate che con umiltà ha mostrato tenacia, speranza, la forza che non si è mai esaurita.[…]Penso a questa comunità, alla casa di Yara dove lei continuerà ad essere presente. Penso alla vostra Chiesa, ai suoi sacerdoti, al suo parroco. Penso alla scuola di Yara che è pure stata la sua casa. Penso a questa palestra, la sua casa".
Infine conclude l'omelia con un messaggio di speranza e di amore : "La fede non si arrende, ora Yara è arrivata a casa, la casa di Dio."