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Fugge in Italia dopo l’accusa di tortura in Argentina: don Franco Reverberi sarà estradato da Parma

Sarà estradato in Argentina don Franco Reverberi, il prete arrivato in Italia nel 2011 dopo le accuse di tortura per il regime di Videla. Il prete 86enne vive dal 2011 a Sorbolo (Parma) e qui celebra la messa. Nel 2013 l’Italia aveva rifiutato l’estradizione in Argentina.
A cura di Gabriella Mazzeo
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Nel 2010 è stato accusato di aver collaborato con i militari della dittatura di Videla e di aver presenziato alle loro torture a San Rafael. in Argentina. Alla corrispondente del quotidiano La Repubblica, alcune fedeli hanno parlato di don Franco Reverberi come di un "brav'uomo" nonostante le gravissime accuse di 4 testimoni e la fuga in Italia già nel 2011.

"Ci manca" hanno incredibilmente asserito le due fedeli che ogni giorno si occupano della manutenzione della cappella. Entrambe sono convinte che quelle contro il parroco siano "accuse false" e sottolineano di aver vissuto per anni poco lontano dalla chiesa dove l'86enne celebrava la messa. Negli anni di "convivenza", dicono, non hanno "mai visto nulla di strano".

Le dichiarazioni delle due donne non sono però una prova. I giudici avevano già iniziato a raccogliere gli indizi contro il parroco e poco dopo avevano aperto il processo, ma era già troppo tardi: nel 2011 Reverberi è fuggito in Italia e da allora vive e celebra la messa a Sorbolo, un piccolo comune della provincia di Parma di cui Reverberi è originario e che aveva lasciato a 11 anni con la famiglia.

Nel 2013 la giustizia italiana ne aveva rifiutato l'estradizione fino a quando, nel 2021, è arrivata in Argentina la svolta giudiziaria. Per la seconda volta il Paese ha chiesto l'estradizione del parroco e lo scorso 10 luglio la Corte di Appello di Bologna ha deciso che don Franco Reverberi sarà estradato in Argentina e sottoposto a processo.

Dal 2010 il parroco si è sempre dichiarato innocente e ha dichiarato di essere arrivato in Italia non per sfuggire al processo, ma per un semplice viaggio. Non avrebbe potuto fare ritorno in Argentina, sostiene, per complicazioni legate alla salute. "Tutte quelle accuse sono bugie – hanno asserito le fedeli ai microfoni del quotidiano italiano -. Ce lo hanno portato via e per non farlo finire in prigione, lo hanno dovuto mandare in Italia".

Ben diverso però è il parere della giustizia argentina, che ha ritenuto fondate le testimonianze di Mario Brancamonte, Sergio Chaqui, Roberto Rolando Flores Tobio ed Enzo Bello Crocefisso. Tutti e quattro hanno parlato in qualità di vittime del regime di Videla che dal 1976 al 1983 ha fatto sparire almeno 30mila oppositori politici sequestrandoli, torturandoli e buttandoli vivi in mare. La dittatura ha contato sull'appoggio di militari, civili e religiosi che hanno aiutato i soldati nel piano di sterminio. Secondo i testimoni, don Reverberi era uno di questi.

Un vero e proprio habituè del centro clandestino dove le persone venivano torturate. Vestiva abiti militari e osservava le sevizie sui prigionieri con la Bibbia tra le mani. Non solo: li invitava a collaborare con i loro aguzzini perché, sosteneva, "quello era il volere di Dio". Riassunto in due parole, secondo gli inquirenti, tortura e omicidio.

La comunità di Sorbolo ha rifiutato di commentare le accuse e i pochi cittadini che hanno parlato hanno difeso il sacerdote. Nella nuova richiesta di estradizione, in ogni caso, si imputa al parroco anche l'omicidio. Reverberi è accusato di essere implicato nella sparizione di José Guillermo Berón, un cittadino argentino fatto scomparire nel 1976, quando aveva solo 20 anni.

Berón era stato visto per l'ultima volta proprio nel centro di tortura. Il giovane si era affacciato alla finestra per parlare con i familiari e con la compagna incinta. La donna era stata detenuta e torturata nello stesso centro clandestino, ma è riuscita a fuggire e oggi cerca di ottenere giustizia insieme alla nipote dell'uomo scomparso. "È impensabile che una persona come Reverberi, che ha partecipato a queste atrocità e sicuramente sa molte cose, continui a vivere impunito dall’altra parte del mondo".

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