Porno Rai in fascia protetta: droga, sesso, ammucchiate. E' questo il sobrio titolo con il quale Francesco Borgonovo su Libero "rifletteva" sulla pluripremiata serie televisiva spagnola, Fisica o chimica, trasmessa da oltre un anno da uno dei canali digitali della Rai (con un discreto riscontro in termini di audience). Un pezzo in cui il sagace Borgonovo si scandalizzava per la messa in onda in orari "protetti" di un contenuto csabroso in cui per di più "Non sono tanto i nudi o i gemiti o gli atti sessuali che scandalizzano. Piuttosto il messaggio. La serie nasce nella Spagna di Zapatero e ne incarna gli ideali: libertà uguale assenza di regole. Assumere droghe è normale e concesso. Bisogna obbedire ai diktat del politicamente corretto gay: il personaggio migliore, quello più onesto, buono e sensibile è l’omosessuale Fer". E dunque, sulla scia di un esposto della cattolicissima Aiart, il critico chiamava in causa direttamente il direttore generale Lorenza Lei, chiedendosi se fosse la "pornografia intellettuale" il modello di servizio pubblico che "la Rai deve fornire ogni giorno in fascia protetta". Detto – fatto, con la serie probabilmente spostata in seconda serata (almeno a quanto anticipa lo stesso Freccero), come da copione ogni qual volta a sollevarsi è una "certa parte di cielo". Una decisione che ha mandato su tutte le furie il direttore di Rai 4 Carlo Freccero, che, raggiunto da una telefonata dello stesso Borgonovo, si è lasciato andare ad uno sfogo durissimo.
Fascisti che prendono ordine dai cardinali pedofili – Nella telefonata l'ex direttore di Rai2 va giù durissimo contro il giornalista (certamente utilizzando un linguaggio di bassissimo profilo), ma soprattutto contro il giornale diretto da Belpietro e contro il direttore generale della Rai Lorenza Lei. Accanto alla difesa del valore "educativo e pedagogico" della serie televisiva, l'invettiva di Freccero è diretta all'influenza degli ambienti cattolici sulle scelte editoriali della Rai e dello stesso quotidiano, che prendono "ordini dai cardinali pedofili e pretendono di far chiudere una serie". La stessa Lei certamente "non sarà rieletta nonostante i suoi amici cardinali, visto che i pedofili non contano più un c…" e presto dovrà subire una "vendetta" durissima, con il direttore che si dice pronto a mobilitare i forconi e a vendicarsi sullo stesso direttore di Libero. Insomma, una escalation verbale che culmina con una raffica di insulti nei confronti dello stesso Borgonovo, definito fascista ed ignorante in più occasioni.
Uno sfogo "folle e volgare" che doveva restare privato? – Inutile girarci intorno, il problema della liceità e correttezza del comportamento di un giornale che pubblica conversazioni riservate senza chiedere l'autorizzazione al diretto interessato, resta estremamente rilevante. Tanto più che in questo caso non si tratta di intercettazioni di pubblico rilievo, magari direttamente collegate a fatti di cronaca o a comportamenti di rappresentanti istituzionali nell'esercizio delle proprie funzioni. Insomma, può uno sfogo privato di un cittadino (direttamente chiamato in causa dallo stesso giornalista) diventare di pubblico dominio? E senza esprimere un giudizio di valore sui toni della conversazione, nè sullo spinoso problema delle intercettazioni telefoniche (che c'entra relativamente e su cui comunque crediamo sia necessario un ulteriore "sforzo analitico"), possiamo fornirvi sulla questione un parere molto interessante. L'autore? Proprio Francesco Borgonovo:
(J. Edgar Hoover, ritratto nel film di Clint Eastwood, ndr) Lo troviamo morbosamente interessato ai dettagli scabrosi di una relazione lesbica di Eleanor Roosevelt, tutto felice di potere accomodarsi di fronte ai vari rappresentanti della nazione ed esibire il materiale in suo possesso. Cose del genere, con ben altro stile, le abbiamo viste anche da noi. Dove però le intercettazioni sono diventate di dominio pubblico, saccheggiate dai giornali. Attenzione, Eastwood non vuol dire che sia immorale diffonderle. Si limita a mostrarne la terrificante potenzialità di strumento politico, a come strumento politico, feroce e denigratorio, sono state utilizzate in Italia. […] Piccola curiosità, forse marginale: né nel film di Clooney né in quello di Eastwood si sente mai parlare di «macchina del fango». Forse perché nessun americano si sognerebbe mai di escogitare una bestialità del genere.