“Franco Di Mare era il mio vice papà”: il ricordo di Vito Francesco, figlio del giornalista Ciro Paglia
"Improvvisamente mi è arrivato un messaggio di una collega. Franco è morto. Io non l’ho mai vissuto come l'inviato di guerra solamente o come il collega importante. L'ho veramente vissuto come un vice papà, un fratello maggiore". Sono passate poche ore quando Vito Francesco Paglia, giornalista napoletano inviato di alcune delle più importanti trasmissioni televisive nazionali, parla di Franco Di Mare. Il noto giornalista televisivo è morto a 68 anni in seguito a un mesotelioma. L'ex direttore di Rai3 aveva parlato per la prima volta in pubblico delle sue condizioni di salute durante un'intervista rilasciata aFabio Fazio a "Che Tempo Che Fa" su Nove.
In tanti nelle ore successive all'annuncio della morte di Di Mare hanno voluto ricordarlo. Ha voluto farlo anche il figlio di Ciro Paglia, il giornalista che "sfidò" Raffaele Cutolo e che ha scritto alcune delle pagine più importanti della storia di Napoli. La storia di Vito e Franco Di Mare inizia prestissimo. È proprio Franco Di Mare uno dei primi a congratularsi con sua madre Stefania, dopo il parto. A festeggiare con suo padre, amico e collega che – come racconta lo stesso Vito – ha difeso in molte occasioni, senza esitare.
"Quello che muoveva Franco era l'amore per le persone, l'amore per sua figlia, l'amore per la sua famiglia. Franco è stato un faro per tante persone, in particolar modo per me – spiega Vito Paglia – non scorderò mai che in un momento di mia enorme difficoltà perché era venuto a mancare mio papà, che era uno dei suoi migliori amici, Ciro Paglia, Franco mi chiamò, venne al funerale di papà, volle ricordarlo in diretta televisiva e fece di tutto per esserci senza essere invadente. Sempre con il rispetto, l'eleganza, la dignità che lo ha contraddistinto fino all'ultimo istante della sua vita. Anche quando ha annunciato la sua malattia, è stato un pugno nello stomaco per tutti. Tutti quelli che gli volevano bene. Ma lo ha fatto con la forza moderata, pesando ogni singola parola ma riuscendo a farci sentire tutti piccoli".
Il racconto si perde tra foto, messaggi e quell'ultimo saluto che non è mai riuscito a dare a quello che definisce come un "vice papà". "Ci sono tanti aneddoti che potrei raccontare di Franco. È la persona che è entrata nella sala dove mia mamma era quando mi ha partorito e che era andato gozzovigliando in giro con mio papà. Tornarono entrambi alticci e Franco non credeva che io fossi nato, quindi disse: "Stefania ma come è possibile, mi stai prendendo in giro? Ma non è possibile che ha partorito!". Non ci credeva, finché a un certo punto mia mamma non ha buttato all'aria le coperte e ha detto: “Guarda, vedi ancora la pancia?” “Ua, rispose lui, è incredibile, tu stai troppo bella”.
Stefania Nardini, Franco Di Mare e Ciro Paglia erano tutti e tre giornalisti. Forse per questo le cene si trasformavano sempre in una riunione di redazione. "Crescere con Franco Di Mare è stato qualcosa di unico perché ricordo che quando si vedevano con mio papà praticamente non parlavano, facevano riunione di redazione: Franco, mio padre e mia madre, tutti e tre giornalisti. Trasmettevano a me la volontà di non fare il giornalista perché loro continuavano, anche fuori dai rispettivi giornali e televisioni, a parlare di lavoro, a parlarne però con una passione, con un pathos, con una forza che io dicevo "ma non è possibile? Non è possibile che questi pure davanti a un bicchiere di vino, in relax, parlino del Mattino, dell'Unità".
Quello che muoveva Franco, continua Vito Francesco Paglia, era l’amore per le persone, per sua figlia, l’amore per la sua famiglia. A una persona come Franco faremo magari una strada, gli dedicheremo una statua, però cerchiamo di farlo quando ci sono, perché altrimenti col senno del poi rischiamo sempre che sia troppo tardi e rischiamo sempre di perderci qualcosa. E Franco avrebbe potuto continuare a dare tanto non solo al mondo della televisione e al mondo del giornalismo, ma tanto in generale. Perché, conclude Vito Francesco, bastava fermarsi e sedersi a tavola con lui: tre aneddoti e si rimaneva folgorati, affascinati. Era una persona che probabilmente avrebbe fatto innamorare chiunque".