Sono trafficanti di solidarietà, spacciatori di umanità, brigate nonviolente che credono nell'obbligo dell'uomo di aiutare l'uomo più di ogni confine, legge o calcolo opportunistico: sul confine tra l'Italia e la Francia l'ultima "accusata del reato di solidarietà" è un'italiana, ha 29 anni e una laurea in Economia con tanto di master. Francesca Pierotti è sotto processo al tribunale di Nizza per avere aiutato sette giovani eritrei e uno del Ciad a superare il confine italo francese, unico valico per approdare in Europa e, per molti di loro, potersi ricongiungere dopo l'inferno del mare.
Il procuratore ha chiesto per lei otto mesi di reclusione più due anni di interdizione dal territorio francese. Di questi tempi essere buoni non è mai un buon affare, sembrerebbe. «Si parla troppo di chi aiuta e troppo poco di chi viene aiutato. – dice Francesca al Corriere – «Ma parlare di noi invece è un modo dell’opinione pubblica di sgravarsi la coscienza e continuare a fregarsene di quel che accade, senza mettere attenzione sulla frontiera e sul dramma che si consuma ogni giorno». Francesca lavora a Nizza per l'associazione "Habitat et citoyenneté" ma la sua è una scelta di valori, più che di stipendio: l'anno scorso ha sostituito la madre per due mesi a una bambina sudanese di 5 anni, Loza, prima di partire per la Sardegna e ricongiungerla alla madre e al fratello appena sbarcati.
«La mia vita è andata come doveva andare – racconta Francesca -. Sento di non poter fare altro. Chi mi definisce come una pasionaria sbaglia. Non sono neppure una volontaria. Mi ritengo una militante, che pratica la disobbedienza civile per eliminare dei confini che non sono solo territoriali». In tribunale ha chiarito di fronte al procuratore che anche lì a Ventimiglia, per lei, quel confine non ha senso di esistere, non può essere una barriera per chi ha bisogno di aiuto. Ci sono persone che sopravvivono alla guerra, al terrore, alle settimane passate in mare e poi muoiono per la burocrazia che si fa filo spinato: Milet, un'amica di Francesca, aveva 16 anni, arrivava dalla Libia ed è rimasta schiacciata da un camion in autostrada: «muoiono come cani a Ventimiglia. Come fai a guardare senza fare nulla? A chiuderti in casa?» si chiede Francesca.
Chissà come lo racconteremo ai nostri figli che c'è stato un tempo che la solidarietà qui da noi è stata fuorilegge.