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Foggia e quella risposta che non ti aspetti: “Scusi, quindi sono morti di serie B? No, di serie Z”

“Riposi in pace”, si dice solitamente di fronte a un morto, ma ieri tutto questo è stato tradito, dopo l’incidente d’auto a Foggia dove sono morte dodici persone. Dodici braccianti neri sfruttati, lasciati per ore distesi in terra, aspettando che si liberasse “qualche posto in obitorio”, ma l’obitorio non è mica il tavolo di un ristorante.
A cura di Saverio Tommasi
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"Riposi in pace", si dice solitamente di fronte a un morto. Con il tempo questa frase è diventata il finale di una preghiera, la dice il prete al funerale, viene incisa sulle lapidi, la possono condividere gli atei.

"Riposi in pace" è una frase breve di fronte alla complessità della morte. "Riposi in pace" significa rendere merito agli affanni di una vita.

Se è tutto questo, ieri tutto questo è stato tradito, dopo l'incidente d'auto a Foggia dove sono morte dodici persone, dodici braccianti neri sfruttati.

La notizia più importante è la loro morte; la notizia più importante è che con tutta probabilità abitavano nel Ghetto di Foggia, Ghetto come il nome che si riserva a un'area nella quale le persone sono considerate un retroterra etnico.

In quel non luogo si può essere prelevati con un furgoncino non abilitato al trasporto di 15 persone e si può morire per strada, alle ore 15:00 di un giorno caldissimo e già sudato, quasi sicuramente infatti i dodici braccianti stavano tornando alle baracche dopo la mattinata trascorsa a tirare via i pomodori dal campo.

C'è anche dell'altro, però. Una cosa più piccola ma che con le altre viaggia a braccetto, e non la troverete scritta su altri giornali; una cosetta piccola, andata avanti per ore. Un fatterello minuscolo e gigante: l'ultimo corpo è stato caricato, per essere portato in obitorio, a mezzanotte passata da dieci minuti, cioè 9 ore e 10 minuti dopo l'incidente. Prima quei corpi erano distesi per strada. Una volta recuperati dal furgone sono rimasti posizionati sull'asfalto rovente con un lenzuolo bianco sopra; come sul letto di casa, però al contrario e senza letto.

Il riconoscimento è stato fatto per strada, non all'obitorio, una pratica assolutamente estranea alla prassi. Così, pure le foto.

A un certo punto hanno detto anche "in obitorio non c'è posto, aspettiamo si liberi qualcosa", ma l'obitorio non è mica il tavolo di un ristorante.

Il mio collega di Fanpage.it Carmine Benincasa era sul posto e ha chiesto se per caso quelli fossero "morti di serie B" e gli hanno risposto che no, quelli erano "morti di serie Z".

Vi ho raccontato questo fatto perché di fronte alle grandi ingiustizie è facile prendere posizione, anche se magari il giorno dopo le nostre posizioni ce le scordiamo e ci comportiamo come se fosse normale morire sul lavoro, un lavoro pagato tre euro l'ora, meno cinque euro di trasporto, che poi ogni tanto finisce fuori strada.

La civiltà vera si misura però anche dalle piccole attenzioni verso chi non può protestare, e dalla prassi che non dovrebbe cambiare a seconda del colore della pelle delle vittime, o del loro lavoro di braccianti.

"Riposate in pace" resta il mio augurio per tutti e dodici. "Requiescat in pace", Fratelli.

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Sono giornalista e video reporter. Realizzo reportage e documentari in forma breve, in Italia e all'estero. Scrivo libri, quando capita. Il più recente è "Siate ribelli. Praticate gentilezza". Ho sposato Fanpage.it, ed è un matrimonio felice. Racconto storie di umanità varia, mi piace incrociare le fragilità umane, senza pietismo e ribaltando il tavolo degli stereotipi. Per farlo uso le parole e le immagini. Mi nutro di video e respiro. Tutti i miei video li trovate sul canale Youmedia personale.
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