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“Fleximan non è un eroe, autovelox salvano vite”: parla l’Associazione italiana Familiari e Vittime Strada

Francesco Carè, per 25 anni autista soccorritore e oggi addetto alla segreteria nazionale dell’AIFVS-APS,  l’Associazione Italiana Familiari e Vittime della Strada, ha commentato a Fanpage.it le ‘imprese’ di ‘Fleximan’. “Gli autovelox servono per evitare incidenti mortali. La vita è una sola, non esiste un tasto reset”.
A cura di Eleonora Panseri
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"Da sempre la nostra associazione si interroga su come poter prevenire le stragi stradali e l'autovelox è sicuramente uno dei deterrenti che ha più effetto sulle persone perché chi viaggia in strada, quando vede il cartello e sa che il dispositivo è in funzione, rallenta per evitare di prendere una multa o di farsi decurtare punti dalla patente. Il fatto che ci sia questo ‘Fleximan‘, ma è probabile che esistano anche più emulatori, va guardato con occhio critico, non può certo essere considerato una sorta di superuomo o eroe".

Così Francesco Carè, autista soccorritore per più di 25 anni e oggi addetto alla segreteria nazionale dell'AIFVS-APS,  l'Associazione Italiana Familiari e Vittime della Strada, commenta così le ‘imprese' di ‘Fleximan‘, l'uomo (o gli uomini, come osserva giustamente Carè), che da mesi e in diverse zone d'Italia, dal Veneto al Piemonte, dalla Lombardia fino alla Puglia, sta mettendo fuori uso in maniera sistematica i dispositivi per il controllo della velocità.

Francesco Carè, ex autista soccorritore e addetto alla segreteria nazionale dell'AIFVS-APS (Associazione Italiana Familiari e Vittime della Strada).
Francesco Carè, ex autista soccorritore e addetto alla segreteria nazionale dell'AIFVS-APS (Associazione Italiana Familiari e Vittime della Strada).

"Gli autovelox, se approvati e posizionati in zone idonee, servono proprio per evitare che l'eccesso di velocità provochi incidenti mortali. Noi non possiamo essere a favore di questo o questi soggetti, anzi, in più di un'occasione abbiamo anche chiesto che ne venissero oscurate le ‘gesta', proprio per evitare l'emulazione di chi non ragiona attentamente su questi fatti. Ed è proprio quello che sta succedendo", aggiunge Carè.

Il caso di ‘Fleximan', diventato un problema serio per tanti Comuni (in Veneto, per esempio, sono stati abbattuti 15 autovelox in circa 8 mesi), sta dividendo l'opinione pubblica perché c'è anche chi applaude a queste azioni, in quanto si opporrebbero alle amministrazioni locali che utilizzerebbero gli autovelox per fare cassa a spese dei cittadini. "Può essere che ci sia una ‘pecora nera', ma non sono tutti così. Gli autovelox vengono messi perché c'è la necessità di preservare la vita degli utenti che percorrono quei tratti di strada lì", spiega invece il volontario dell'AIFVS.

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Oltre al fattore economico, Carè osserva come molte persone oggi fatichino non solo ad accettare la riduzione dei limiti di velocità, ma anche a rispettare in generale il Codice della strada. "Non viene rispettato l'obbligo delle cinture di sicurezza, così come il divieto di utilizzare il telefono mentre si guida", aggiunge. "Emblematico è anche quanto avviene sui social, – prosegue – dove vengono pubblicati video in cui persone corrono a velocità elevate in autostrada o su strade urbane solo per ottenere qualche like".

Il mancato rispetto delle regole, però, porta ogni anno a un tragico bilancio. Secondo dati Inps, infatti, in Italia solo nel 2022 sono state più di 3mila le persone morte a causa di incidenti stradali, oltre 223mila i feriti. "Oggi purtroppo manca la capacità di comprendere che la vita è una sola e che purtroppo non esiste un tasto reset. L'idea spesso è quella del: ‘Tanto a me non succede‘ e invece non è così".

Carè sa bene cosa significa affrontare il dramma delle morti sulle strade: "Mi occupo da qualche anno della segreteria dell'Associazione, ricevo telefonate e mail, specialmente da genitori e parenti di vittime, spesso giovanissime. È una mansione che mi è stata affidata perché ho fatto 26 anni di servizio sulle ambulanze, conosco bene qual è la realtà di questi incidenti perché spesso sono stato uno di quelli che andava a soccorrere chi vi rimaneva coinvolto".

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"Io posso anche capire la motivazione che spinge questa persona a comportarsi così – dice ancora Carè – ma questo non è sicuramente il modo giusto, non ci si può porre al di sopra della legge. Anche perché le amministrazioni comunali, per riparare o riadeguare l'apparecchiatura danneggiata o divelta, i soldi da qualche parte li devono trovare ed ecco che allora devono davvero mettere le mani nelle tasche dei cittadini".

L'Associazione Italiana Familiari e Vittime della Strada cerca di lavorare sulla prevenzione, con un'attività capillare di divulgazione, rivolta anche ai più giovani. "Noi andiamo spesso nelle scuole, incontriamo tanti studenti di medie e liceo. Spesso vado anche io direttamente, mostro foto e video molto eloquenti e racconto la mia esperienza da soccorritore, spiego quello che ho trovato sulla strada", racconta Carè.

"Io cerco di convincerli che non è un gioco, che una volta che ti trovi per terra sotto a quel lenzuolo bianco la storia si conclude definitivamente. – aggiunge- Poi rimane soltanto una lapide con nome, un cognome, una data di nascita e di morte e che tutto ciò che è dietro la lapide è ciò che resta di una vita".

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