Finge suicidio e scompare per anni, il caso Adamo Guerra: cosa rischia chi inscena la propria morte
È diventata un caso, non solo giudiziario, ma anche mediatico la storia di Adamo Guerra, l'uomo che ha inscenato il suo suicidio nel 2013 e che oggi, a distanza di 10 anni, è stato ritrovato in Grecia da un giornalista del programma televisivo Chi l'ha visto?.
Guerra e la moglie Raffaella erano stati sposati per 15 anni, avevano avuto due bambine, ma dopo qualche tempo avevano deciso di separarsi. Il 7 luglio 2013 si perdono le tracce dell'uomo, che viveva e lavorava a Imola. Quattro giorni dopo la donna ha ricevuto una telefonata dai carabinieri in cui la informavano che l'ex marito aveva lasciato delle lettere a lei e ai genitori, in cui annunciava di "volerla fare finita".
Per spiegare quali sono le responsabilità legali per chi finge la propria morte per i più svariati motivi, Fanpage.it ha intervistato Valerio de Gioia, Giudice penale presso il Tribunale di Roma.
Che responsabilità ha la persona che finge di togliersi la vita e in quali pene può incorrere?
Chi inscena il proprio suicidio non è esente da responsabilità penale. Come anche chiarito dalla Corte di Cassazione nel 2018, chi fa finta di suicidarsi integra il reato di procurato allarme all’autorità per il quale l’art. 658 del codice penale prevede l’arresto fino a sei mesi.
La ratio della norma è rintracciabile nell'interesse dello Stato all'ordine pubblico, che si vuole garantire contro tutti i falsi allarmi, che distolgono le autorità dalle ordinarie incombenze.
Esistono delle aggravanti?
La pena è più alta se si finge di essere stati uccisi venendo in rilievo, in questo caso, il più grave delitto della simulazione di reato, punito con pena fino a tre anni di reclusione o della calunnia, con pena fino a sei anni, se si fa cadere la responsabilità su una persona specifica.
Qualora il finto “morto” assuma le generalità di un altro individuo, è ipotizzabile anche il reato di sostituzione di persona, che prevede una pena fino a un anno di reclusione. E nel caso in cui ci si risposi senza essersi prima separati o aver divorziato dal coniuge, si commette anche il reato di bigamia, punito con un massimo di cinque anni di reclusione.
Laddove invece la messinscena sia finalizzata a incassare una rendita o un capitale, ad esempio da parte della assicurazione con la quale sia stata stipulata una assicurazione sulla vita, o per sottrarsi ai creditori, si risponde del reato di truffa, che la legge punisce fino a cinque anni di reclusione.
Cosa succede nel caso in cui la persona che finge la propria morte fugga da un contesto familiare difficile o nel caso in cui tema per la sua incolumità?
Anche chi fa finta di morire per sottrarsi a un regime familiare insostenibile, non potendo ipotizzarsi l’operatività delle cause di giustificazione (ovvero particolari situazioni in presenza delle quali un fatto, che nella normalità dei casi costituirebbe un reato, non acquista tale carattere perché consentito o imposto dalla legge, ndr), come lo stato di necessità, o cause di esclusione della colpevolezza, risponde penalmente di quanto compiuto.
E ciò vale anche nel caso in cui si decida di sparire per sottrarsi alle ritorsioni della criminalità organizzata. Bisogna considerare infatti che, per i collaboratori o testimoni di giustizia, per esempio, esistono programmi che consentono lecitamente di cambiare identità e sparire. Anche in questo caso, dunque, inscenare la propria morte, comporta responsabilità penali.