Filippo Turetta, perché la difesa potrebbe chiedere l’infermità mentale parziale
“Non voglio sottrarmi alle mie responsabilità, voglio pagare quello che sarà giusto per aver ucciso la mia ex fidanzata" così Filippo Turetta si è rivolto alla gip che ieri lo ha raggiunto in carcere per l’interrogatorio di garanzia. Avvalendosi della facoltà di non rispondere, ma rendendo dichiarazioni spontanee, il 22enne in sostanza ha ribadito quanto aveva già raccontato alla polizia tedesca al momento dell’arresto. "Ho ammazzato la mia fidanzata, ho vagato questi giorni perché cercavo di farla finita, ho pensato più volte di andarmi a schiantare contro un ostacolo e più volte mi sono buttato un coltello alla gola, ma non ho avuto il coraggio di farla finita" aveva detto Turetta agli agenti tedeschi.
Affermazioni che, insieme ad una serie di comportamenti come richieste di ansiolitici per dormire, qualcuno pensa possano essere un primo passo verso la richiesta di infermità mentale parziale. “Se Filippo Turetta vuole farsi passare per pazzo prima dovrà incontrare anche i nostri periti” ha tenuto a sottolineare il legale della famiglia di Giulia Cecchettin che attraverso i propri periti, al contrario, sta cercando di trovare prove che dimostrino l’aggravante della premeditazione del delitto.
Al momento da parte della difesa non vi è stata alcuna richiesta di perizia psichiatrica, così come non è stata avanzata nessuna richiesta di misure alternative al carcere per Turetta. Non è escluso però che una valutazione sullo stato psicologico dell’indagato possa essere richiesta in fase dibattimentale al processo. Questo infatti è uno dei possibili temi attorno al quale potrebbe scatenarsi il dibattito in Tribunale insieme a quello della premeditazione a cui è strettamente collegato.
Alla base di una possibile richiesta di infermità mentale parziale, infatti, vi è proprio lo stato psicologico alterato di Turetta al momento dei fatti. Secondo il codice penale, il “Vizio parziale di mente” è ravvisabile quando “Chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, era, per infermità, in tale stato di mente da scemare grandemente, senza escluderla, la capacità di intendere o di volere”. Una sorta di condizione di sofferenza mentale al momento dei fatti che potrebbe far scattare una diminuzione della pena.
A valutare la condizioni mentali ovviamente deve essere un esperto, uno psichiatra incaricato dal giudice che deve però stabilire se in presenza di infermità questa abbia inciso sulle sue capacità di intendere e di volere al momento dei fatti. Il fatto dovrà comunque essere valutato in maniera complessiva per verificare la sussistenza o meno dell'elemento psicologico nel reato commesso.
A questo proposito un ruolo fondamentale lo potrà avere l’eventuale contestazione della premeditazione, dell’occultamento del cadavere ma anche del possibile stalking precedente ai fatti. Per il team legale dei famigliari di Giulia, infatti, Filippo aveva tenuto comportamenti così assillanti nell’ultimo periodo da configurarsi come una molestia vera e propria.