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Ferrara sindaco leghista dà case popolari “prima agli italiani”. Condannato: “È illegale”

Il regolamento sull’assegnazione degli alloggi popolari redatto nel marzo del 2020 dal Comune di Ferrara – a guida leghista – è “discriminatorio” e dovrà essere modificato nelle parti che riguardano il criterio della residenzialità storica e la certificazione di impossidenza da parte degli stranieri. A stabilirlo il Tribunale di Ferrara.
A cura di Davide Falcioni
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Il regolamento sull'assegnazione degli alloggi popolare redatto nel marzo del 2020 dal Comune di Ferrara – a guida leghista – è "discriminatorio" e dovrà essere modificato nelle parti che riguardano il criterio della residenzialità storica e la certificazione di impossidenza da parte degli stranieri. A stabilirlo il tribunale civile ferrarese, accogliendo i ricorsi di Asgi e di due donne straniere, come riporta la stampa locale, finite al 342esimo e 680esimo posto nella graduatoria che aveva visto le prime 157 posizioni occupate esclusivamente da italiani.

Lo slogan "prima gli italiani" applicato alla lettera dal sindaco Alan Fabbri, fedelissimo di Matteo Salvini, non può quindi essere tradotto in legge. Il Tribunale di Ferrara – con una sentenza dai più giudicata scontata – ha infatti ritenuto discriminatori i requisiti redatti dall’amministrazione condannando il Municipio a formulare "nuovi criteri e punteggi" e "adottare procedure più idonee" per l’assegnazione delle case popolari. La giudice Maria Marta Cristoni ha inoltre condannato il comune "alla rifusione in favore dei ricorrenti di euro 286 per esborsi e di 8.030 euro per compenso professionale oltre alle spese forfettarie ed accessori di legge" e di 2.500 euro complessivi "in favore del terzo intervenuto delle spese di lite".

Più nel dettaglio: l'irregolarità dell’amministrazione Fabbri riguarda il bando per l’accesso agli alloggi di edilizia economica popolare indetto dal Comune di Ferrara nel 2020, a seguito del quale due cittadine straniere erano "scivolate" in posizioni molto basse a causa della loro modesta anzianità di residenza a Ferrara. Il bando – secondo il Tribunale –  premiava esageratamente e immotivatamente la residenzialità storica imponendo agli stranieri senza cittadinanza italiana di dover dimostrare di non avere beni nel Paese di provenienza “tramite la produzione dei certificati rilasciati dal Paese straniero corredati di traduzione in lingua italiana autenticata dall’ autorità consolare italiana che ne attesti la conformità all’originale". Agli italiani, tuttavia, tali requisiti non erano affatto richiesti.

Su questo argomento già si era pronunciata la Consulta e sul caso specifico pendevano i ricorsi di Asgi (Associazione studi giuridici sull’immigrazione), con il patrocinio di Cgil, Cisl, Uil e dalle associazioni degli inquilini Sunia, Sicet e Uniat di Ferrara, e l’intervento dell’associazione l’Altro diritto. Nella sentenza la giudice Cristani ha spiegato anche con un esempio in cosa consista la discriminazione: "Secondo il criterio fissato dal Comune, un richiedente privo di qualsiasi particolare situazione di bisogno, per il solo fatto di essere residente in Ferrara da più di 16 anni sopravanzerebbe una famiglia che vive in condizioni inidonee, la famiglia in situazione di povertà e sotto sfratto e addirittura quella seguita dai servizi sociali per particolari situazioni di bisogno". Insomma, in base al regolamento voluto da Fabbri famiglie non realmente bisognose d'aiuto potevano accedere alle case popolari solo in virtù del passaporto italiano e dell'anzianità di residenza, scavalcando invece famiglie povere e con oggettive difficoltà economiche.

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