Femminicidio Roua Nabi, condannato all’ergastolo il marito. Pm: “Il braccialetto elettronico era scarico”

Si è chiuso oggi, in una sola udienza davanti alla Corte d'Assise di Torino, il processo per il femminicidio di Roua Nabi, la donna uccisa nel settembre 2024 dal marito Abdelkader Ben Alaya, 48 anni, sotto gli occhi dei loro figli. L'uomo è stato condannato all'ergastolo. La Corte di assise, così come chiesto dal pm Cesare Parodi, ha anche disposto quattro mesi di isolamento diurno.
Il procuratore aggiunto Cesare Parodi nella sua requisitoria aveva chiesto per l'imputato la condanna all'ergastolo, puntando il dito non solo contro la brutalità dell'omicidio, ma anche contro le falle di un sistema che avrebbe dovuto proteggere la vittima.
"Se i braccialetti elettronici non vengono caricati, non funzionano", ha dichiarato Parodi in aula. "Non erano guasti, erano scarichi: sia quello di Ben Alaya sia quello consegnato a Roua Nabi". Parole destinate a far discutere su una vicenda in cui la tecnologia di protezione, pensata per salvaguardare la vita delle vittime di violenza, ha fallito nel suo compito fondamentale.
Roua aveva denunciato il marito per maltrattamenti nell'estate 2024. Dopo l’arresto di luglio, l’uomo aveva ottenuto i domiciliari e successivamente era stato liberato con il divieto di avvicinarsi alla moglie, monitorato da un braccialetto antistalking. Ma il sistema di protezione, basato sul reciproco funzionamento dei dispositivi, non ha impedito la tragedia: i braccialetti, scarichi, hanno reso vano ogni controllo. "Se Roua avesse caricato il suo dispositivo, forse oggi sarebbe viva", ha osservato il procuratore, sottolineando tuttavia che il rischio di un epilogo violento, viste le dinamiche di quel rapporto, sarebbe rimasto comunque alto.
Nel corso dell'inchiesta è emerso come, nonostante l'applicazione delle misure restrittive, i contatti tra i due coniugi fossero proseguiti. Durante l’estate, Roua aveva trascorso con il marito e i figli un periodo di vacanza in Liguria e, una volta rientrata a Torino, aveva consentito all'uomo di frequentare saltuariamente la casa di famiglia. I report dei braccialetti elettronici, ha ricordato Parodi, evidenziavano decine di segnali di allarme ignorati. Addirittura, il giorno stesso del delitto, l’allarme era scattato quattro volte, due delle quali poche ore prima del femminicidio, senza che nessuno intervenisse.
Durissimo anche l'intervento dell'avvocata Stefania Agagliate, che assiste la madre di Roua: "Questa donna è stata tradita due volte: dal marito che l’ha uccisa e dallo Stato che non l’ha protetta. I report parlano chiaro: Roua aveva lanciato l’allarme, ma nessuno ha fatto nulla". Accorato anche l'appello dell’avvocata Vittoria Maria Rossini, rappresentante dei figli minori della vittima, che ha chiesto un risarcimento di due milioni di euro per il trauma psicologico subito dai ragazzi, testimoni diretti delle violenze e dell'omicidio della madre.
Dal canto loro, gli avvocati difensori Marta Ruggero e Rocco Femia hanno ribadito che la pena "non deve essere vendetta", richiamando l’attenzione sulla necessità di mantenere i principi di umanità anche nei confronti dell’imputato.