Femminicidio Matteuzzi, la sorella di Alessandra: “Non era amore tossico, Padovani voleva controllo assoluto”
“Lui voleva il controllo assoluto su di lei. Quando lei ha messo un fermo, purtroppo ha fatto quello che sappiamo”. A parlare è Stefania, sorella di Alessandra Matteuzzi, la 56enne uccisa il 23 agosto 2022 dall'ex compagno, Giovanni Padovani. Per il 28enne la Procura ha chiesto la condanna all‘ergastolo, il 12 febbraio i giudici si ritireranno in camera di consiglio per decidere la sentenza.
In un intervento televisivo durante la trasmissione Mediaset Pomeriggio Cinque, la donna ha negato la tesi dell'amore tossico vissuto dai due, sostenuta invece dal legale del 28enne, Gabriele Bordoni, nella sua arringa difensiva. “Non lo era. Se guardo la loro storia vedo che è tratteggiata da cose che succedono in tantissimi altri rapporti. Questo non lo condivido, era proprio il controllo che lui voleva avere su di lei. Questo ha caratterizzato la loro storia”, ha precisato Stefania.
Secondo quanto raccontato dalla sorella di Mateuzzi e come ricostruito in questi mesi, prima e durante il processo contro Padovani, il 28enne era convinto che lei avesse un altro uomo e avrebbe pagato un investigatore privato per farla seguire. A causa di questi comportamenti, lei lo avrebbe lasciato e poi denunciato per stalking: “Ha subito tante cose anche prima di morire. Le ha reso la vita un inferno”.
Il legale di Giovanni Padovani e la "tempesta emotiva"
"La responsabilità di Padovani è stata confessata, non è mai stata in discussione", ha detto Gabriele Bordoni, legale di Padovani. Con la sua arringa però la difesa ha contestato le aggravanti dello stalking, del vincolo del legame affettivo, dei motivi abietti e della premeditazione, che porterebbero all'ergastolo richiesto dalla Procura.
Bordoni ha citato anche una sentenza per femminicidio che fece molto scalpore. Nel 2019 infatti la Corte d'appello di Bologna ridusse la pena da 30 a 16 anni a Michele Castaldo, condannato per aver ucciso l'ex compagna Olga Matei, verdetto poi annullato dalla Cassazione.
Secondo il legale di Padovani, il concetto su cui si basò la riduzione della pena, quello della "tempesta emotiva", non fu "del tutto sbagliato", ma soltanto sbagliato. "In quest’aula deve regnare il silenzio della ragione — ha sottolineato Bordoni — e come Perseo nel mito delle Gorgoni, noi dobbiamo avere il coraggio di ammettere che c’è una gelosia che deve essere considerata come elemento all’interno della psiche che ha causato l’esasperazione di un disturbo latente che c’era e andava affrontato".
La difesa sostiene inoltre che il rapporto tra i due fosse "un’altalena di sensazioni, allontanamento e avvicinamento costante", "una relazione tossica, caratterizzata da un duplice magnetismo: capacità di attrarsi e di respingersi di entrambe le parti che aveva portato due persone in una situazione emotivamente devastante".