Femminicidio Bologna, l’avvocato di Sandra: “Era terrorizzata, poteva essere più tutelata”
“Lei aveva molta paura, perché sapeva che questo signore faceva delle cose strane, che le aveva già fatte in passato. Tipo staccare la corrente o chiamare amici e conoscenti pur di sapere dov'era, cosa faceva. Se lo ritrovava sotto casa anche quando pensava che fosse in Sicilia o ad Ancona. Aveva terrore perché sapeva che era un soggetto imprevedibile. Faceva cose che lei non immaginava neanche, ma che ha poi imparato a conoscere nel corso del tempo”. L'avvocato Giampiero Barile è il legale al quale si era rivolta non molto tempo fa Alessandra Matteuzzi, la 56enne uccisa dall'ex compagno Giovanni Padovani, calciatore in Serie D e modello di 26 anni, alla periferia di Bologna.
Era il periodo in cui Sandra, come tutti la chiamavano, stava cercando di tirar fuori tutto il coraggio possibile per denunciare quel ragazzo conosciuto da più o meno un anno e diventato nel tempo, sembrerebbe, sempre più ossessivo. La loro relazione era cominciata sui social, con diverse interruzioni, prima della chiusura definitiva, un mese fa.
“Diciamo che si era rivolta a me per una consulenza, illustrandomi la situazione nel momento in cui era ancora indecisa se procedere legalmente o no -ricorda l'avvocato-. Ci siamo visti proprio qualche giorno prima della denuncia, che ha deciso di fare lei. Il 29 luglio è andata direttamente dai carabinieri, poi ci siamo risentiti qualche volta ad agosto”.
Sandra aveva paura e cercava un modo per sentirsi al sicuro. “Non mi ha mai riferito di episodi di violenza fisica -continua Barile-, ma ha sempre parlato di violenze, anche gravissime, dal punto di vista psicologico. E di stalking: la denuncia è stata presentata per questo. Gliene faceva di tutti i colori pur di intromettersi e controllare la sua vita personale. Quando ha denunciato -sottolinea però l'avvocato- non è stata seguita da un'azione immediata della procura per tutelarla”.
Eppure, a Radio1, il procuratore capo di Bologna, Giuseppe Amato, è intervenuto a difesa dell'operato degli inquirenti, spiegando: “In questa vicenda non si può parlare di malagiustizia. La denuncia è stata accolta a fine luglio, il primo agosto è stata immediatamente iscritta e subito sono state attivate le indagini che non potevano concludersi prima del 29 agosto, perché alcune persone da sentire erano in ferie. Noi quello che potevamo fare lo abbiamo fatto". Dalla denuncia, ha inoltre detto Amato, "non emergevano situazioni di rischio concreto di violenza, era la tipica condotta di stalkeraggio molesto".
“Io dico che le cose, chiaramente, vanno sempre valutate secondo la gravità dei fatti -ribatte l'avvocato Barile-. Se una donna dice che ha paura, che è terrorizzata, forse, al di là del completamento delle indagini, una tutela bisogna dargliela. Anche se attenuata" rimarca il legale.
"Se una donna fa una denuncia molto circostanziata, viene risentita dai carabinieri dopo cinque giorni confermando, anzi dettagliando maggiormente i fatti, anche gravi… ritengo che qualche tutela in più magari poteva essere presa. Tutto si capirà meglio a indagini concluse -conclude Barile-. Di sicuro lei aveva molta paura. Aveva paura ad uscire di casa, di ritrovarselo davanti: anche ai carabinieri lo ha detto più volte”.