Pestaggi e malattie, le denunce di Federico Perna: “Mi picchiano in cella”
"Nel corridoio centrale (…) mi aggrediva con calci e pugni e (…) anche se mi vedeva in terra non chiamava l'assistenza. Preciso che il tutto si può constatare con la videosorveglianza. Dopo i fatti mi hanno fatto entrare in cella sotto minaccia". Aggressioni con calci e pugni, sangue, maltrattamenti: Federico Perna, il giovane di Pomezia gravemente ammalato e detenuto a Poggioreale, morto lo scorso 8 Novembre, ne ha scritto dal carcere di Viterbo in due lettere-denuncia che Fanpage.it ha potuto visionare in esclusiva. Si legge: "Io sottoscritto Federico Perna (…) vengo picchiato nella propria cella. (…) Picchiava continuamente anche se mi sanguinava il naso. (…) Non mi faceva soccorrere né medicare (…) Mi lasciava nella cella sanguinante dicendomi: stai zitto".
Queste lettere, scritte sotto forma di querela e indirizzate al magistrato di sorveglianza, sono oggetto di verifica da parte dei legali della madre di Perna, Nobila Scafuro, per appurare se siano state depositate in Procura. In ogni caso, si tratta di documenti impressionanti: il ragazzo descrive con dovizia di particolari e con grande lucidità quelli che sembrano chiaramente pestaggi, soprusi e abbandono.
Le richieste inascoltate – Sul fronte dell'incompatibilità con il carcere del ragazzo, che era affetto da epatite c, cirrosi epatica e da un disturbo borderline di personalità, ci sono poi due istanze di scarcerazione e una richiesta di misure alternative alla detenzione. Tutte inascoltate. Come se non bastasse, in quasi tutte le sue lettere, come vi abbiamo mostrato, Federico accennava alle sue gravi condizioni di salute. Ecco l'incipit di una di esse: "Cara mamma, ti scrivo dal carcere di Viterbo perché mi hanno trasferito da Cassino. A Cassino sono stato ricoverato, dopo 3 ore mi hanno dimesso perché ho fatto casino. Avevo epitassi nasale e tachicardia, non sto tanto bene col cuore, quindi fatti sentire!".
Di Sarno, un altro caso Perna. Gli avvocati: "Pronti a intervenire" – Quello dei malati in carcere è un dramma comune. Il caso più grave a Poggioreale è quello di Vincenzo Di Sarno, 35enne che da dieci anni lotta contro un cancro al midollo spinale (qui la sua storia). "In questa fase – spiega l'avvocato Camillo Autieri – la malattia è molto avanzata e sta colpendo le varie strutture nervose. Mi è stato riferito che ha un collarino, in quanto non riesce a rimanere eretto e si muove con il deambulatore o con la sedia a rotelle". Una situazione disperata. "Ha dovuto interrompere le terapie e ora è in forte deficit psicomotorio – continua Autieri – La madre del giovane ci ha contattati, vuole affidarci il caso. Abbiamo intenzione di presentare una nuova istanza di scarcerazione, e speriamo che dopo il clamore mediatico suscitato dal caso Perna ci sia più attenzione da parte dell'autorità penitenziaria".
La direttrice del carcere: "Rispettati i diritti umani" – "Ho incontrato la direttrice di Poggioreale – racconta Nobila Scafuro – Ci siamo incontrate giovedì (qui la cronaca della giornata, ndr) quando c'era anche Rodotà in visita, che mi ha fatto molto piacere incontrare. Mentre la dottoressa Teresa Abate era meglio che non la vedevo. Le ho posto alcune domande – continua – Perché mio figlio era lì dentro da cinque mesi, malato gravemente, e non mi risulta che siano state eseguite nemmeno delle banali analisi. Malato di epatite, cirrotico, così grave". La direttrice Teresa Abate, però, rigetta ogni obiezione: "I pazienti sono tutti monitorati e si provvede al fabbisogno di ognuno di loro, nel rispetto dei diritti umani".