Federico Perna, morto di carcere: la madre racconta l’inferno
“Mamma, qui mi stanno ammazzando”. Così scriveva, urlava alla madre Federico Perna, 34 anni. E' morto di carcere. Morto a Napoli, nel penitenziario di Poggioreale, padiglione Avellino. Costretto in una cella con altre 10 persone: aveva problemi di tossicodipendenza, cirrosi epatica, epatite c. Stava male, Federico, e non da ieri. Aveva bisogno di un trapianto di fegato e di un ricovero in una struttura protetta, ma ha continuato a sputare sangue in cella, fino alla fine. E' stata aperta un'inchiesta sul suo decesso, l'ipotesi di reato è omicidio colposo. Ma di Federico non si conoscono le ultime ore, ufficialmente è morto per un vaghissimo "arresto cardiocircolatorio" e non si sa nemmeno dove sia deceduto: “Prima mi hanno detto in carcere, poi in ambulanza perché non c'era il defibrillatore, poi ancora mi hanno detto che è morto prima di essere caricato sull'autoambulanza. All'inizio non riuscivo a capire nemmeno in quale obitorio fosse”. La madre di Federico, Nobila Scafuro, parla a Fanpage nel giorno più duro, quello dell'autopsia. E cerca di spiegare una piccola parte di quello che è stato l'inferno di questo ragazzo, “sballottato per otto o nove carceri”, “trattato come un numero, peggio di un animale”.
La madre racconta che Federico è stato malmenato. E si domanda: è morto per le botte? “E questo no, non lo potrei accettare, ammazzato di botte proprio no”. Perché il dubbio più lacerante per Nobila è proprio questo. Se siamo davanti a un nuovo caso Cucchi lo vedremo, tutte le ipotesi sono aperte ma l'avvocato Camillo Autieri, che assiste la signora Scafuro, sottolinea quello che reputa "l'aspetto più grave emerso dall'esame autoptico, cioè l'abbandono e la trascuratezza nelle quali è stato lasciato il detenuto, trascuratezza che ha portato al decesso. Che poi abbia preso un pugno o un calcio, può essere un corollario. Il problema più grande è l'abbandono di una persona che, come tante altre, è affidata alle cure dello Stato".
Federico Perna era in prigione per cumulo delle pene: “Non ha ucciso nessuno – si sfoga Nobila – Ha fatto degli errori e voleva scontare la sua pena, sì, ma loro gli hanno fatto pagare la pena umana”. Più volte aveva chiesto di essere trasferito per ricevere le cure adeguate, ma non solo: ci sono certificati di medici penitenziari che Fanpage ha potuto visionare, che lo chiedevano insistentemente, sottolineando come queste richieste avessero ottenuto sempre esito negativo dall'autorità giudiziaria. Una tortura. Poi Nobila parla delle lettere, tante, che il figlio le ha inviato. In una si legge: “Scusa se ero un po' assente, ma qua mi hanno esaurito, mi sono aggravato di salute”. In un'altra, si legge: “Basta l'eroina, ora sono un uomo, è solo distruzione, un lavoretto e una vita serena. Adesso voglio il Federico vero”. Ma l'argomento più ricorrente è quello che riguarda la salute. Dal carcere di Viterbo scrive: “Qui c'è il dirigente che vuole farmi ricoverare per farmi prendere l'incompatibilità carceraria, ci sono le cartelle di aggravamento. Mamma, mi stanno uccidendo, portami a casa”. Con Federico, sale a 139 il bilancio delle vittime in cella dall' inizio di quest'anno.