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Fase 2 in Calabria, pochi bar aperti e tavolini fuori nonostante l’ordinanza di Jole Santelli

Nonostante l’ordinanza firmata dalla governatrice Jole Santelli, e impugnata dal governo, in Calabria sono pochi i bar e i ristoranti che hanno ripreso il servizio all’esterno dal 4 maggio con l’avvio della fase 2. Da un lato, la paura dei calabresi, nonostante sabato si siano registrati zero contagi, dall’altro la confusione generale creata a livello politico. Unica eccezione: Cosenza.
A cura di Dominella Trunfio
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Con un'ordinanza regionale la governatrice della Calabria Jole Santelli ha consentito ai ristoratori di riprendere parzialmente l'attività con servizio ai tavoli all'esterno dei locali. Mentre il governo impugna l'ordinanza, a Reggio Calabria e Catanzaro i sindaci bloccano l'apertura. Tra le grandi città solo a Cosenza si serve qualche caffè. "Siamo d'accordo con la riapertura, in Calabria i casi sono quasi azzerati quindi non c'è più questa emergenza sanitaria, ma questo isterismo politico non porta da nessuna parte: il Dpcm di Conte dice che dobbiamo rimanere chiusi, la Santelli dice che possiamo riaprire con tavoli all'aperto, dai sindaci arriva il blocco, c'è ansia e preoccupazione". Renzo Marchianò è uno dei ristoratori a Cosenza che nonostante il via libera, non ha alzato la saracinesca del suo ‘Crema e cioccolato', sta ancora sistemando il locale con le nuove misure anti-contagio. "Vogliamo ripartire certo, ma non vedo la necessità di fare ordinanze alle dieci di sera", spiega.

In realtà, il ‘libera tutti', non c'è stato. Da un lato, la paura dei calabresi, nonostante sabato si siano registrati zero contagi, dall'altro la confusione generale creata soprattutto a livello politico. Il ministro Boccia impugna l'ordinanza Santelli che non fa però dietro-front. Ci sono poi, i sindaci di Reggio Calabria e Catanzaro che danno l'ultima parola al governo Conte. In mezzo, i ristoratori che da due mesi hanno fatturato zero e che lamentano di non aver ricevuto nessun contributo. "La mia è un'azienda familiare, se non lavora uno, non lavora nessuno, questa è una ripartenza per dare linfa a noi stessi. Abbiamo quasi 13mila euro di costi fissi al mese, da parte dello Stato non abbiamo avuto ancora nulla, né le 600 euro, né i contributi a fondo perduto, né i finanziamenti, nulla", spiega un altro ristoratore Marcello Tosti del Gran Caffè Tosti.

I bar aperti in tutta Cosenza in realtà si contano sulle dita di una mano. "Abbiamo preso la palla al balzo per fare ripartire l'economia, stando attenti ai dispositivi che ci consigliano di usare, mascherine, guanti, distanza sociale, i tavoli distanziati di un paio di metri, l'ingresso al pubblico è vietato, possiamo solo fare la vendita all'esterno e quindi assembramenti non ce ne dovrebbero essere", spiega Francesco Spadafora della gelateria Pop. I grandi numeri non si vedono, ma qualcuno al bar c'è. "No, non è il primo caffè, abbiamo già inaugurato ieri la nuova relazione che si può creare con il caffè", spiega uno dei clienti. "Se saremo bravi potrà andare avanti e migliorare, se non siamo in grado di farcela, forse dobbiamo cominciare a pensare che non è solo colpa del circuito di potere che ci regolamenta, ma c'è anche qualche demerito da parte nostra", chiosa un altro.

Ma l'impressione rimane quella di un ottimismo a metà. "Noi ristoratori dobbiamo rispettare regole severissime, ma altre attività non adottano queste misure. Apriremo quando saremo in grado di garantire sicurezza però se io non lavoro, a fine mese non riesco ad arrivare", ci dice Francesca De Marco del ristorante 87cento.

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