Farmaci sperimentali senza consenso a malati di cancro per aumentare la loro reputazione: medici indagati
Per almeno un anno avrebbero somministrato farmaci ancora in sperimentazione e senza autorizzazione a pazienti oncologici in ospedale e avrebbero registrato dosaggi superiori a quelli reali, il tutto per aumentare la propria reputazione e attrarre così società farmaceutiche. Queste le pesanti accuse nei confronti di due dirigenti medici dell’unità di oncologia del Grande Ospedale Metropolitano di Reggio Calabria, indagati insieme ad altre cinque persone e destinatari di una misura cautelare del divieto temporaneo di esercizio della professione medica per un anno.
I medici indagati devono rispondere dei reati di somministrazione di farmaci guasti, falsità materiale e ideologica, abuso d’ufficio e truffa. L’attività investigativa, condotta dai carabinieri dei Nas di Reggio Calabria e del Nucleo AIFA da marzo 2021 a Dicembre 2022, ha preso il via dalla denuncia di un altro dirigente medico che aveva notato delle strane anomalie sul diario clinico di un paziente oncologico.
La lunga indagine, condotta attraverso l’acquisizione di 300 cartelle cliniche ma anche testimonianze e intercettazioni telefoniche e ambientali, ha individuato presunte irregolarità nella somministrazione di farmaci sperimentali all’interno del reparto di oncologia dell’ospedale calabrese e ha portato all’iscrizione nel registro degli indagati di sette persone.
Secondo l’accusa, alcuni medici, tra il 2017 ed il 2018, avrebbero somministrato a 13 pazienti, affetti da neoplasie, farmaci nell’ambito di terapie e protocolli sperimentali in assenza di autorizzazione o per patologie diverse da quelle previste nelle linee guida e senza un adeguato consenso degli stessi pazienti.
Non solo, secondo l’accusa, gli indagati attestavano nel Registro AIFA predisposto per i cosiddetti “farmaci innovativi” dosaggi superiori del farmaco Nivolumab rispetto a quelli realmente somministrati e patologie differenti da quelle reali, al fine di ottenere a spese dell’Erario, quantitativi maggiori del farmaco che poi distribuivano a pazienti privi dei requisiti richiesti per la rimborsabilità del farmaco.
Secondo l’accusa, lo scopo era quello di divulgare i risultati delle prassi cliniche tramite pubblicazioni scientifiche, così da accrescere la loro reputazione professionale per attrarre società farmaceutiche ed organizzatori di convegni.
Nel corso dell’indagine scoperta anche una presunta truffa di 5mila euro ai danni dell’azienda farmaceutica Pfizer che aveva finanziato un progetto per il sostegno psicologico ai malati oncologici che però non sarebbe mai stato realizzato.