Nelle centomila fobie, nelle centomila preoccupazioni, nelle centomila mine disseminate qui e lì nel mondo non riesco a vedere nulla, dico nulla di pericoloso nelle unioni civili tra persone dello stesso sesso. Rispetto profondamente le idee altrui, ma chi oggi ha sfilato in piazza a Roma per il Family Day è vittima di ostinate convinzioni, di dogmi che la storia ha già provveduto a far crollare.
Perfino il Papa (se non fosse il Papa) probabilmente lo direbbe con ancor più forza: datevi una calmata, belli, i problemi sono altrove.
E invece no, il sabato qualunque italiano di coloro che non accettano la realtà, il progresso, la storia «che siamo noi e nessuno la puà fermare» è passato sotto un sole cocente di giugno a manifestare per chi, per cosa, in virtù di quale diritto naturale così forte da poter imporre la cancellazione dei diritti di altre persone, uguali – uguali, maledettamente uguali, dannazione – a noi?
Ripeto, rispetto e considerazione, non ironizzo né mi indigno davanti alle pubbliche rappresentazioni delle idee (a meno che non siano totalitarie e settarie, questa devo dire si avvicina molto).
Ma l'avete capito bene che siete scesi a fare in piazza?
Siete sicuri? Avete parlato coi vostri figli, coi vostri nipoti? Vi siete guardati bene in giro? Lo capite o no che siete fuori dal mondo? E che il mondo andrà avanti con o senza il vostro benestare, fortunatamente?
Ci vorrà sì un po' più di tempo. Ma andrà avanti.
E prima o poi, Family Day o no, promesse di Matteo Renzi o no, avremo anche noi pari diritti per tutti.