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Facevano jogging e la spesa in orario di lavoro, nei guai anche il padre di “Angela da Mondello”

Sono 28 i dipendenti del Comune di Palermo e di alcune società partecipate in servizio presso i Cantieri culturali alla Zisa indagati. Andavano a fare la spesa o jogging, pur risultando presenti al lavoro. Tra gli indagati anche Isidoro Chianello, padre della donna diventata famosa come “Angela da Mondello” per la frase “non ce n’è Coviddi”.
A cura di Susanna Picone
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Uscivano per andare a fare la spesa o anche per fare attività fisica, ma risultavano sempre presenti al lavoro. Questa volta accade in Sicilia, dove la Guardia di Finanza ha eseguito un'ordinanza di applicazione di misure cautelari emessa dal gip del capoluogo nei confronti di 28 persone. L’inchiesta su quelli che spesso vengono definiti “furbetti del cartellino” investe i dipendenti del Comune di Palermo e di alcune società partecipate, in servizio presso i Cantieri culturali alla Zisa. Per 8 persone sono scattati gli arresti domiciliari; per altri 14 l'obbligo di dimora e di presentazione alla pg; per 6 solo quest'ultimo. Sono indagati a vario titolo per truffa a danno di un ente pubblico e falsa attestazione.

A quanto emerso, tra gli indagati colpiti dall'obbligo di dimora c'è anche Isidoro Chianello, padre sessantenne di quella che è diventata famosa come "Angela da Mondello" per la frase "non ce n’è Coviddi”. Una frase diventata lo scorso anno un tormentone e anche una canzone tanto da far guadagnare alla signora, più volte invitata in trasmissioni televisive, una certa notorietà anche sui social.

Dalle indagini è emerso che oltre all’allontanamento per fini personali molto frequenti erano i casi di timbratura multipla da parte di un singolo soggetto per conto di diversi colleghi non presenti in quel momento a lavoro. In altri casi qualcuno avrebbe utilizzato lo strumento della “rilevazione manuale”, che consente in caso di dimenticanza del proprio badge personale di attestare la propria presenza mediante auto certificazione scritta. In poco più di tre mesi e grazie a una telecamera posta in prossimità dell’apparecchio di rilevazione elettronica delle presenze, gli inquirenti hanno registrato almeno mille casi di falsa rendicontazione per circa 2.500 ore di falso servizio.

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