Fa 480 km al giorno per andare a lavoro, la storia di Lorena: “Devo scegliere tra famiglia e lavoro”
480 chilometri al giorno, 5 ore abbondanti di macchina. 2400 chilometri a settimana con almeno 25 ore sull’asfalto ogni sette giorni. Sono spaventose, quasi inumane, le cifre che costellano la storia di Lorena Barranca, che pochi giorni fa ha denunciato la sua condizione in una lettera pubblicata su vari giornali sardi.
La donna, 39enne dipendente delle Poste Italiane, per mantenere il proprio lavoro è costretta ad attraversare quotidianamente tutta la Sardegna. Letteralmente attraversare: da Porto Torres a Cagliari, andata e ritorno, per cinque giorni a settimana. “Dopo un incidente sul lavoro causato da un colpo di sonno, dopo un malore in ufficio, dopo aver sofferto gravi danni psicologici, sono ormai stremata e temo che presto sarò costretta a dare le dimissioni. Ma voglio comunque raccontare la mia storia”, lo sfogo della donna.
Ebbene, la storia ha inizio nel 2013, con l’assunzione alle Poste come portalettere: destinazione, sede di Cagliari, a 215 chilometri di distanza. In un primo momento Lorena si trasferisce, ma la situazione cambia drasticamente con la prima gravidanza, nel 2015. Grazie ai congedi parentali, la neomamma riesce a passare un anno e mezzo vicina alla famiglia, nella sua città di residenza, ma l’idillio finisce con il rientro alla sede del capoluogo. Nel 2020 arriva poi la seconda gravidanza e la situazione si ripete con lo stesso, apparentemente inevitabile, epilogo: dopo la fine dei congedi disponibili, la dipendente delle Poste deve infatti riprendere servizio nella sede a sud dell’isola, mentre tutta la sua vita e gli affetti vivono a nord.
Riprende quindi a fare su e giù per cinque giorni a settimana: sveglia alle 5,30, partenza in auto alle 5,50 con passaggio su BlaBlaCar per risparmiare un po’ sulla benzina (comunque sui 300 euro al mese), orario di lavoro dalle 9,30 alle 17 e poi stessa trafila per il rientro, che non avviene mai prima delle 19,30. Nel mezzo, il macigno di quei 480 chilometri.
Questa impegnativa routine, però, oltre ad avere importanti ricadute sullo stato psicofisico della donna, le impedisce di fatto di poter essere al fianco dei figli nella loro crescita quotidiana. Lorena, infatti, a causa dei suoi orari riesce a passare con loro solo una manciata d’ore al giorno, cena e messa a letto, niente di più.
Apparentemente inutili le richieste di trasferimento in sedi più vicine a casa, a maggior ragione in seguito alle gravidanze e ai relativi congedi, che l’hanno vista scorrere dal primo posto nella graduatoria dei trasferimenti, al decimo (e quindi inafferrabile).
Purtroppo, la storia di Lorena Barranca non è altro che una delle tante (troppe) testimonianze che ci ricordano come di fatto in Italia il raggiungimento di un equilibrio, per le donne, tra lavoro e maternità sia ancora molto lontano. “Come è possibile che ancora oggi, nel 2023, una donna, una madre debba scegliere tra famiglia e lavoro? Questo è l'appello disperato di una mamma che ha voglia di lavorare, ma non vuole privarsi della gioia di poter crescere i suoi bambini”, conclude la donna.
La possibilità di trasferimento dipende dalle graduatorie di mobilità aziendale e dalle disponibilità di posti nelle varie sedi, la replica di Poste Italiane.