E' iniziato ieri il lungo iter per la discussione e l'approvazione delle proposte di legge sull'eutanasia e il rifiuto dell'accanimento terapeutico. Allo stato attuale, al vaglio delle commissioni Giustizia e Affari sociali ci sono 4 testi, di cui uno – il più conosciuto e il più importante- è stato depositato ormai più di due anni fa: la proposta di legge di iniziativa popolare presentata dall'Associazione Luca Coscioni nel settembre 2013, che raccolse ben 105.000 firme totali.
Una giornata che definire storica sarebbe un eufemismo: per la prima volta nella storia parlamentare si discuterà di una legge sul "Fine Vita", da sempre avversata dal Vaticano e dai politici più vicini alla Chiesa Cattolica. Che l'Italia introduca finalmente una legislazione sull'eutanasia è quanto meno necessario, che l'Italia finalmente si doti di uno strumento che possa evitare di punire chi aiuta a porre fine alle sofferenze di un malato terminale è una questione di civiltà e di rispetto dei diritti fondamentali dell'individuo. La battaglia si preannuncia aspra e difficile, il percorso dell'approvazione sarà lungo e tortuoso, questo lo sappiamo, ma è una battaglia che va combattuta, è una battaglia di civiltà.
Purtroppo, però, a leggere le parole di Marco Cappato – promotore della campagna EutanaSIA legale e Tesoriere dell'associazione Luca Coscioni – sembra che la discussione non sia partita sotto i migliori auspici ieri, anzi:
Non ci eravamo fatti illusioni sull'approvazione di un calendario dei lavori stringente per l'esame della nostra proposta di legge di iniziativa popolare in materia di eutanasia. Abbiamo avuto la conferma oggi, con la rapidissima trattazione del tema nelle commissioni Giustizia e Affari sociali della Camera, che si sono limitate alla lettura delle relazione senza dibattito. La Presidente della Commissione giustizia Ferranti ha inoltre già chiarito che la proposta non sarà esaminata a marzo.
Insieme a Mina Welby e Gustavo Fraticelli, proseguiamo dunque la nostra azione di disobbedienza civile aiutando pubblicamente le persone malate che ce lo chiedono ad andare in Svizzera. Finora non abbiamo ricevuto alcuna comunicazione da parte della giustizia italiana.
Ma per quale motivo lo Stato dovrebbe poter costringere una persona già provata da una grave malattia a vivere contro il proprio volere? Perché lo Stato dovrebbe poter decidere quanto, come e per quale motivo un essere umano debba vivere, magari attaccato a un respiratore artificiale o privo della possibilità di esprimersi e di comunicare con i propri cari? Non si tratta di volersi "liberare di un peso morto", come qualcuno cerca di insinuare ogni qualvolta si tenti di affrontare la tematica, si tratta di rispettare il volere di quella persona, di rispettare la sua dignità di essere umano.
Se dovessi finire in uno stato di incoscienza irreversibile o contrarre una grave patologia senza alcuna possibilità di cura, non vorrei essere costretta a vivere una vita che non sento mia, che non mi rappresenta in alcun modo e che magari mi priva della possibilità di poter fare ciò che amo di più al mondo. Vorrei poter scegliere di morire con dignità, non spegnermi piano piano, subendo per anni atroci sofferenze e trattamenti sanitari non richiesti, a tutti i costi. Vorrei poter disporre della mia vita anche in quel momento. Vorrei semplicemente poter scegliere e non essere privata dell'unica cosa che mi rimarrebbe: la dignità umana.
Vorrei poter essere libera fino alla fine, come recita lo slogan della campagna Eutanasia Legale.