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Ettore Majorana fuggì in Venezuela ed era vivo negli anni ’50

L’indagine della Procura di Roma ha accertato che lo scienziato sparito nel nulla nel 1938 era nel Paese sudamericano negli anni cinquanta.
A cura di Antonio Palma
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Ettore Majorana, il fisico catanese che lavorò con Fermi alla realizzazione dei principi della bomba atomica nel famoso gruppo conosciuto come i ragazzi di via Panisperna, nel periodo 1955-1959 era vivo. A stabilirlo è stata la procura di Roma che nel 2011 aveva aperto un fascicolo sulla scomparsa dello scienziato. Il famoso fisico siciliano era sparito misteriosamente nel 1938 e da allora le ipotesi sulla sua scomparsa erano state diverse. Si era pensato anche ad un omicidio o a un suicidio, ma l’ipotesi più accreditata fino ad oggi era stata che Majorana si fosse ritirato in un convento in Calabria. L’indagine della Procura ora invece stabilisce che l’uomo negli anni cinquanta era ancora vivo ed era andato volontariamente in Venezuela. Probabilmente l’uomo spaventato dalle sue scoperte sull’atomo aveva deciso di andare via e di far perdere le sue tracce. A confermare la sua presenza in Venezuela in particolare una foto del 1955.

La foto che testimonia la sua presenza in Venezuela

In una foto scattata in Venezuela nel 1955 e analizzata dal Ris si vede un uomo conosciuto con il cognome Bini, insieme con un emigrato italiano, Francesco Fasani, meccanico, subito dopo aver ricevuto un prestito. Bini in realtà per la Procura è Majorana. L'uomo nella foto infatti risulta compatibile con i tratti somatici del fisico catanese. “I risultati della comparazione hanno portato alla perfetta sovrapponibilità dei particolari anatomici di Majorana (fronte, naso zigomi, mento ed orecchio) con quelle del padre” ha scritto infatti nella richiesta di archiviazione dell'inchiesta il procuratore aggiunto Pierfilippo Laviani. A conferma di ciò anche una cartolina che Quirino Majorana, zio di Ettore ed altro fisico di fama mondiale, scrisse nel 1920 ad un americano, W.G. Conklin, trovata dallo stesso Fasani nella vettura di Bini-Majorana. Un fatto, per Laviani, che conferma la "vera identità di costui come Ettore Majorana, stante il rapporto di parentela con Quirino, la medesima attività di docenti di fisica e il frequente rapporto epistolare già intrattenuto tra gli stessi, avente spesso contenuto scientifico”.

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