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Opinioni

Esuberi, tagli ai salari, esodati: quello che non si è detto sull’accordo Alitalia – Etihad

Nell’accordo Alitalia-Etihad sono tutti contro i lavoratori: il governo, i giornali. Eppure dal 2008 ad oggi hanno pagato un prezzo altissimo. Tra esuberi, esodati, tagli ai salari.
A cura di Michele Azzu
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Alitalia Forever, Alitalia è finita. E i suoi dipendenti, ieri e oggi, si trovano in bilico: da una parte ci sono i ricordi di una compagnia con una grande storia, dall’altra migliaia di esuberi e ridimensionamenti, trattative e tagli effettuati dal 2008 ad oggi, data della firma dell’accordo con Etihad, la compagnia degli emirati arabi che salverà Alitalia.

Alitalia Forever” è il nome di un partecipato gruppo Facebook dove gli ex piloti ed hostess della compagnia di bandiera postano vecchie foto. “Vi ricordate il suo nome?”, si chiede un utente sulla vecchia istantanea scannerizzata di una hostess in divisa d’ordinanza. Oppure: “Ricordate questo aereo? Quanti chilometri ci ho percorso”. Ma questo era ieri. E se i ricordi sono duri a morire, oggi i dipendenti del gruppo sembrano essere attaccati da più parti. Dal governo: “Non tollereremo altri disagi”, ha detto il ministro Lupi riferendosi alle proteste degli ultimi giorni. Dai giornali, che in questi giorni hanno riportato la falsa notizia di una “valanga di certificati medici” dei facchini di Fiumicino, cher avrebbe paralizzato l’aeroporto. Notizia, poi, rivelatasi infondata.

Da più parti si accusano i lavoratori di non accettare un piano che permetterebbe il salvataggio della compagnia, senza troppi costi sociali. Ma è proprio così? Scrive Linda sul gruppo Facebook: “Siamo tornati al 2008 e con meno garanzie. Comprendo quello che state vivendo. Perdere il lavoro dalla sera alla mattina è una tragedia”.

Già, una tragedia. Perché la verità è che in Alitalia i costi sociali sono stati altissimi in questi 6 anni. Pochi giorni fa, ad esempio, i sindacati hanno firmato un accordo per permettere alla compagnia di tagliare 31 milioni di euro dal costo del lavoro. C'è chi perderà 85 euro al mese, chi 1.300 (i comandanti anziani e dirigenti). Le hostess perdono circa 300 euro al mese.

Poi, ci sono gli esuberi annunciati questi giorni. Dovranno andare via una hostess su dieci e il 7% dei piloti. Sono 149 i piloti in esubero su 1.650. E 104 esuberi dal commerciale, 42 dalle risorse umane, 73 in amministrazione. Via anche 386 persone fra tecnici, ingegneri, operai specializzati delle manutenzioni.

Il numero totale degli esuberi Alitalia è 2.251, o meglio 2.171 se si escludono le uscite volontarie. Di questi circa 1.300 verranno riassorbiti (pare) in Alitalia, oppure pensionati, esternalizzati, o ricollocati in Etihad. Rimangono circa 900 esuberi, e ognuno di loro dovrà fare una scelta importante nei prossimi 30 giorni: lasciare o rimanere? Prendere una magrissima liquidazione da 10mila euro lordi, più la mobilità, o rifiutare e correre il rischio di ricevere la lettera di licenziamento il 15 settembre?

Tutto questo è materia di questi giorni. Ma cosa era accaduto nel 2008, quando i capitani coraggiosi radunati da Berlusconi – Ligresti, Riva, Passera, Marcegaglia, Colaninno, Trochetti Provera, Benetton, Caltagirone – avevano preservato l'italianità di Alitalia, salvandola dalle grinfie di Air France?

“Prima i dipendenti Alitalia erano circa 20.000, dopo gli esuberi della privatizzazione siamo passati a 14.000”, dice Gianni Platania, della Filt Cgil. Con l'operazione Cai, infatti, il governo Berlusconi fece in modo che i dipendenti Alitalia potessero usufruire di quattro anni di cassa integrazione e tre di mobilità. 6.000 esuberi, una cifra importante E dopo 7 anni, dopo che i capitani coraggiosi si sono siflati uno ad uno da Cai dopo avere incassato i compensi politici di quell'operazione, molti di quegli esuberi sono finiti nel calderone degli esodati.

Roberto Colannino, fino ad oggi presidente Alitalia, ha detto: “È la terza volta che salviamo Alitalia. Mi aspetterei un riconoscimento per l’enorme sacrificio degli imprenditori”. Risponde Maria Cristina, sul gruppo Facebook dei lavoratori: “Il mio pensiero va ai colleghi. Bisognerebbe carcerare chi, in sei anni, dopo aver preso una compagnia pulita dai debiti, accollato 11.000 persone ai contribuenti, l'ha fatta nuovamente fallire.”

Alla fine è vero, la compagnia dovrà subire tutti questi tagli per rimanere in piedi, e sembrano essere tutti d’accordo. Quello che non si può dire, però, è che i lavoratori non abbiano (già) pagato un prezzo molto alto per questo. E pagheranno ancora.

Foto: Flickr Nuccia Faccenda (cc creative commons license)

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Michele Azzu è un giornalista freelance che si occupa principalmente di lavoro, società e cultura. Scrive per L'Espresso e Fanpage.it. Ha collaborato per il Guardian. Nel 2010 ha fondato, assieme a Marco Nurra, il sito L'isola dei cassintegrati di cui è direttore. Nel 2011 ha vinto il premio di Google "Eretici Digitali" al Festival Internazionale del Giornalismo, nel 2012 il "Premio dello Zuccherificio" per il giornalismo d'inchiesta. Ha pubblicato Asinara Revolution (Bompiani, 2011), scritto insieme a Marco Nurra.
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