Arrestati capi ultrà Juventus: ricattavano società per avere biglietti e gestire bagarinaggio
Blitz della Polizia di Torino nella curva della Juventus: i capi e i principali referenti dei gruppi ultrà bianconeri sono stati arrestati nell'ambito di un'indagine coordinata dalla procura locale, che ha portato all'emissione da parte del gip di 12 misure cautelari. L'indagine, condotta dalla Digos e dal gruppo criminalità organizzata della procura, coinvolge tutti i principali gruppi del tifo organizzato: ‘Drughi', ‘Tradizione-Antichi valori', ‘Viking', ‘Nucleo 1985' e ‘Quelli… di via Filadelfia'.
Le accuse nei confronti di Drughi e altri gruppi
Le accuse nei confronti degli ultras sono, a vario titolo, associazione a delinquere, estorsione aggravata, autoriciclaggio e violenza privata. In queste ore sono in corso anche 39 perquisizioni in tutta Italia — Alessandria, Asti, Como, Savona, Milano, Genova, Pescara, La Spezia, L’Aquila, Firenze, Mantova, Monza, Bergamo e Biella — nei riguardi di altri 37 referenti di gruppi ultrà (oltre a quelli citati sopra, c’è anche il "N.A.B. – Nucleo Armato Bianconero"), anch’essi indagati.
La denuncia della Juventus
A far scattare le indagini è stata la denuncia sporta dalla stessa Juventus un anno fa. Secondo quanto rivelato dalla società di Torino agli inquirenti (l’inchiesta è coordinata dal pubblico ministero Chiara Maina e dal procuratore aggiunto Patrizia Caputo) i capi dei vari gruppi avevano costituito un’associazione a delinquere che ricattava esponenti della Juventus per cercare di continuare ad avere biglietti per le partite all'Allianz Stadium e gestire così il bagarinaggio. Dopo l’interruzione — alla fine del campionato 2017/2018 — di tali vantaggi concessi ai gruppi ultras, i loro referenti avrebbero attuato presunte strategie estorsive per "ripristinare" quei vantaggi soppressi. Tra le reazioni, sciopero del tifo e cori razzisti al solo scopo di far sanzionare la società. I "Drughi", poi, sarebbero riusciti a recuperare centinaia di biglietti di accesso allo stadio per le partite casalinghe dei ‘bianconeri' avvalendosi di otto biglietterie compiacenti sparse su tutto il territorio nazionale.
Finta la contestazione a Bonucci: era un pretesto
Stando a quanto accertato dagli inquirenti i capi ultrà dopo le illecite richieste (dai biglietti gratuiti, al materiale della Juventus, fino partecipazione ad eventi e feste della squadra etc.), essendo consapevoli dei connessi risvolti penali, avrebbero convenuto, strategicamente, di iniziare una campagna denigratoria e di contestazione verso la Juventus (che ha portato all’irrogazione da parte della giustizia sportiva di sanzioni pecuniarie e alla chiusura della curva sud per una gara di campionato) ricollegandola, pretestuosamente, all’aumento dei costi degli abbonamenti ed al rientro in squadra di Bonucci. Non solo: i capi ultras dei “Drughi” e di “Tradizione” avrebbero utilizzato la "propria forza intimidatrice" anche per ottenere indebitamente dai bar dello stadio 25 consumazioni gratuite per ogni partita casalinga.
Chi sono gli ultrà arrestati
Sono dodici i capi ultrà della Juve arrestati nell'ambito dell'operazione ‘Last banner' della Digos di Torino. In manette sono finiti Geraldo Mocciola detto Dino, leader dei Drughi, Salvatore Cava, Domenico Scarano, Umberto Toia, leader di Tradizione, Luca Pavarino, Sergio Genre. Per Fabio Trincchero, Giuseppe Franzo, Christian Fasoli, Roberto Drago sono stati disposti i domiciliari. Misura cautelare dell'obbligo di dimora invece per Massimo Toia e Massimo Corrado Vitale. Geraldo Mocciola era già finito in carcere agli inizi degli anni Novanta per l'omicidio di un carabiniere.
Procuratore: "Anche tifosi sono parte lesa"
"Facevano della violenza il loro stile di vita e avevano creato una situazione sempre più pesante all'interno dello stadio. Perché ciò che rende peculiare questa indagine è che i reato venivano commessi all'interno dello stadio e non solo fuori. Estorsioni alla società Juventus- che è parte lesa – per ottenere biglietti gratuiti da rivendere a prezzi maggiorati e altri benefit. Ma a pagarne le conseguenze erano anche i supporter costretti a non poter tifare liberamente. Il tifo era solo un pretesto per commettere reati". Così il Procuratore Aggiunto Patrizia Caputo che ha coordinato l'inchiesta insieme alla collega Chiara Maina. "È stata un'indagine lunga e complessa, un'investigazione paziente che ha dato risultati eccezionali. Oltre alla società che ha denunciato, anche i tifosi sono parte lesa. Sono stati privati anche di occupare il loro posto legittimamente garantito da regolare biglietto" ha spiegato il Procuratore reggente Paolo Borgna.