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Esibizionista non riesce a curarsi, chiede la castrazione chimica: “Per me questa malattia è un ergastolo”

La storia del 64enne di Torino Antonio D.. Da decenni passa tra carcere e comunità a causa del suo problema. “Per me non c’è cura, sono condannato all’ergastolo bianco”, dice. Ma in Italia l’inibizione sessuale è vietata.
A cura di Biagio Chiariello
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Antonio D. ha 64 anni, vive a Torino e colleziona reati da mezzo secolo: appena può si esibisce in atti osceni, si abbassa i pantaloni e lo fa davanti alle scuole o al parco. Sa che è sbagliato, eppure non riesce a controllarsi. "Questo problema ce l’ho da sempre e non sono mai riusciti a risolverlo, dicono che non c’è una cura. Ma io così vivo un’eterna condanna all’ergastolo ‘bianco'", racconta a Repubblica.

Per questo ha chiesto la castrazione chimica. Ovvero una forma di inibizione dell'attività delle gonadi, ottenuta per mezzo di farmaci – detti volgarmente farmaci anafrodisiaci – e caratterizzata da una repressione della libido (o desidero sessuale). Oggi viene proposta proprio come forma di pena per i reati sessuali. Ma non in Italia, come ha spiegato l’avvocato Maurizio Pettiti che pochi giorni fa l’ha difeso nell’ultimo processo. "Gli è stato risposto che in Italia non è possibile ricorrere a questa forma di inibizione se non per motivi oncologici".

Antonio D. negli ultimi anni è passato dal carcere alle case lavoro, fino alle Rems e alle comunità. L'ultimo reato in pubblico è avvenuto il 3 settembre del 2021: era in permesso per incontrare uno psichiatra quando si è abbassato i pantaloni davanti a due minorenni in un parco giochi a Ciriè, nel Torinese. E così è finito nel carcere di Alba nella sezione casa lavoro.

Secondo una perizia l’esibizionista non sarebbe affetto da parafilia, ma da "un disturbo antisociale di personalità". È quindi capace di intendere e di volere. Il suo legale ha proposto un patteggiamento a sette mesi di carcere per “corruzione di minorenni”, ma nel frattempo gli sono sono state trovate 30 mila foto pedopornografiche. Il gip Marianna Tiseo di Ivrea ha così stabilito una condanna due anni di carcere con le attenuanti generiche.

Nell’occasione lo psichiatra Giorgio Gallino ha confermato le diagnosi: il 64enne non soffre di alcuna patologia psichiatrica. E i pareri precedenti: "La storia clinica e la letteratura scientifica dimostrano come la terapia farmacologica pur somministrata per lungo tempo non abbia mostrato alcuna utilità nel modificare i suoi tratti di personalità antisociale. Anche rispetto alla possibilità di impedire il reiterare reati sessuali".

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