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Eschilo, il cane ucciso da una fucilata vicino casa da due cacciatori

È una storia amara quella di Eschilo, un dobermann di sei anni ucciso da due cacciatori che hanno sconfinato nella proprietà del padrone Marco Capecchi, a Roccatederighi in provincia di Grosseto. “Ora voglio giustizia, un animale non si uccide così” dice il ragazzo.
A cura di B. C.
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“Scrivo solo ora perché avevo bisogno di lucidità. Posso ancora sentire l'odore della polvere da sparo sul corpo di Eschilo, uno dei miei dobermann. Per me è stato un duro colpo, come perdere un familiare. Eri il mio re, il mio leone, avevi una sicurezza imbarazzante ma necessitavi di me, il tuo fratello bipede. Ed è per questo che non mi darò pace finché non avrò giustizia”. Sono davvero amare le parole che Marco Capecchi ha deciso di affidare a Facebook.

Il giovane allevatore di cani di Follonica (Grosseto), che però da qualche mese risiede a Roccatederighi, si è visto uccidere il suo dobermann di sei anni, Eschilo, giovedì mattina con una fucilata alla testa da due cacciatori che poi sono fuggiti in auto. Il cane era appena stato liberato da Marco insieme ad alcuni cuccioli, per correre nei prati intorno alla casa e all'allevamento. Pochi minuti dopo, Marco ha sentito uno sparo: Eschilo era in agonia. “I carabinieri poi sono riusciti a identificarli e a fermarli, loro sostengono di essere stati in pericolo insieme ai loro cani da caccia e di aver sparato per legittima difesa, e di essere scappati perché temevano l'arrivo di altri dobermann. Lo dimostrerebbe il fatto che uno dei segugi è stato refertato dal veterinario”, racconta Marco. “Io però non gli credo: se fossero stati davvero in pericolo, ci sarebbero stati segni importanti, perché un cane come Eschilo, che pesava 50 kg, in caso di aggressione avrebbe inferto dei danni significativi. Per me c'è stato un chiaro eccesso ed è quello che voglio dimostrare” dice ancora il ragazzo.

Marco ha fatto sottoporre Eschilo a necroscopia. Le indagini dei carabinieri proseguono, ma c'è da capire la questione del luogo esatto in cui è avvenuto il fatto: la proprietà di Marco, ampia una trentina di ettari e situata in aperta campagna intorno al piccolo centro grossetano, non è circoscritta da un recinto. “Io – dice Marco – non ho recinzioni, è vero. La proprietà è ampia una trentina di ettari e vi campeggia all'ingresso un cartello con scritto ‘Attenti al cane’. Da qui ci passano i fungaioli e altri cacciatori. Ma non ci sono mai stati problemi. E comunque non vedo come si possa giustificare lo sparo alla testa di un cane di razza, con il padrone a cinquanta metri. Ripeto: ho già incaricato un legale di seguire la questione, attendiamo l'esito della necroscopia di Eschilo. Sono fiducioso riguardo alle indagini che stanno svolgendo i carabinieri”. I due cacciatori sono stati identificati e ascoltati. Hanno affermato di essere saliti in macchina per paura degli altri dobermann e che lo sparo è stato di legittima difesa.

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