Escherichia coli nel formaggio, bimbo in stato vegetativo, medico a processo: “Non ha voluto visitarlo”
Si sarebbe rifiutata di visitare il bambino arrivato in ospedale con sintomi gravi, ritardando così la diagnosi del piccolo, ora in stato vegetativo permanente per una sindrome emolitico-uremica, una infezione causata da alcuni ceppi di Escherichia coli presenti in un formaggio che il minore aveva mangiato durante una gita al caseificio. È questa l’accusa nei confronti di una dottoressa della pediatria dell'Ospedale Santa Chiara di Trento a cui i genitori del bimbo si erano rivolti ormai sette anni fa.
Il caso riguarda infatti una vicenda avvenuta nel giugno del 2017 quando il piccolo, che all’epoca aveva solo 4 anni, fu vittima di Seu, una importante insufficienza renale acuta causata dal batterio escherichia coli presente in un pezzetto di formaggio prodotto con latte crudo in un caseificio del Trentino. Il piccolo si sentì male subito dopo aver mangiato il formaggio e fu trasportato all’ospedale di Cles dove rimase alcune ore in osservazione. La situazione clinica però peggiorò e venne deciso il suo trasferimento all’ospedale S. Chiara dove era in servizio la pediatra.
Qui però i soccorsi sarebbero scattati in ritardato, permettendo la scoperta della malattia solo tre giorni dopo. Secondo i genitori del bimbo e la Procura, la dottoressa dirigente medico, col suo comportamento, avrebbe ritardato i soccorsi al bimbo. Per questo i pm ne hanno chiesto e ottenuto dal Gup ora il rinvio a giudizio con l’accusa di lesioni e rifiuto di atti d’ufficio.
Il processo dibattimentale a carico della dottoressa partirà il prossimo 24 aprile. Proseguiamo la battaglia legale “perché tragedie simili non devono ripetersi”, ha spiegato al Corriere del Trentino il padre del piccolo che ha già dovuto affrontare un lungo procedimento giudiziario che vedeva imputati i gestori del caseificio dove era stato prodotto il formaggio.
Il processo a carico del caseificio, passato attraverso consulenze, perizie e audizioni di testimoni, si è concluso nel dicembre scorso quando il giudice di pace ha riconosciuto colpevoli del reato di lesioni personali colpose gravissime il legale rappresentante del caseificio e il responsabile del piano di controllo. Entrambi sono stati condannati al massimo della pena, cioè a una multa di 2478 euro ciascuno più il pagamento delle spese processuali.