“Era mia figlia”: Giulia, Federica, Manuela, Sofia e Michelle raccontate da chi le ha amate veramente
Di Simona Berterame e Chiara Daffini
Giulia Tramontano, Michelle Causo, Sofia Castelli, Manuela Petrangeli e Federica Mangiapelo. Nomi di donne che non ci sono più. Donne di età diverse ma accomunate dallo stesso destino. Conosciamo i loro volti e come le loro vite sono state spezzate per mano di un uomo. Ma questa volta andiamo oltre il racconto dei loro femminicidi e parliamo di loro, ricordiamo chi erano queste cinque donne.
Non parleremo di come e chi le ha uccise o cosa dicono le carte processuali. Vogliamo raccontare chi erano attraverso le parole e i ricordi delle persone che le conoscevano meglio di tutti e le hanno amate: i loro genitori.
Giulia Tramontano
"Non credo che Giulia faccia parte solo di una statistica. Giulia per me è stata una donna che ha avuto coraggio".
Franco Tramontano e Loredana Femiano, genitori di Giulia Tramontano, accettano per la prima volta di parlare insieme della figlia. Un racconto doloroso ma reso necessario per dare dignità alla memoria della loro primogenita. "Tanto legata alla mamma – ci tiene a dire il padre, riuscendo a strappare un sorriso alla moglie – io mi ricordo che quando io e Loredana discutevamo io avevo sempre torto! Lei era sempre dalla parte della mamma".
Mamma Loredana ricorda il percorso scolastico della figlia soffermandosi su un bizzarro colloquio con una sua insegnante. "In prima superiore incontro la sua docente di educazione fisica che mi dice di aver messo 3 a mia figlia. Non ci potevo credere, 3 in educazione fisica! Le chiesi come mai e la prof mi rispose così: Sua figlia si rifiuta di correre perché le si rovinano i capelli"
Giulia amava vestirsi bene, essere sempre in forma e nella sua vita ha praticato tantissimi sport come il nuoto e l'atletica leggera. Era la figlia preferita di mamma Loredana che lo ammetteva, ma sempre a bassa voce. "Ha dimostrato alla nazione intera che cos'è l'amore, l'amore per un figlio, l'amore per una famiglia e il rispetto per la vita. Noi siamo fieri di Giulia, siamo fierissimi di Giulia" concludono i genitori.
Federica Mangiapelo
Anche Luigi Mangiapelo, padre di Federica, preferisce non pensare a sua figlia come un semplice numero all'interno delle statistiche sui femminicidi. Sono trascorsi tanti anni da quando la ragazza, appena sedicenne, è stata uccisa. Ma nel cuore di Luigi restano ancora tanti ricordi dei momenti passati insieme.
"I momenti più belli con Federica? Quando ci concedevamo una serata per noi e andavamo a cena io e lei da soli. Lei si preparava e per me era un una serata magica. Ero così felice che dedicasse del tempo per stare con il suo papà, nonostante i tanti impegni tipici di un'adolescente". Siamo nel lontano 2012, Federica ha solo 16 anni e sta ancora cercando di trovare la sua strada. Era una ragazza vivace, gioiosa ma anche ribelle. "Aveva un bel caratterino – ammette il padre Luigi – spesso avevamo delle liti furibonde, non era facile da gestire".
"Federica non aveva ancora idea di cosa avrebbe voluto fare da grande. Si era iscritta a un corso di parrucchiera, ho fatto un corso come cuoca e ha lavorato con me nel commercio, ha lavorato con la mamma nel sociale. L'unica cosa certa, ma proprio certa, era che adorava i bambini".
Sofia Castelli
"Non accettavo il nome di mia figlia vicino alla parola femminicidio. Voglio parlare di Sofia e della sua storia, soprattutto perché non ci consideravamo a rischio". A parlare è Daniela Zurria, mamma di Sofia Castelli. "Sofia era una ragazza solare. Amava tanto stare in compagnia e già da piccola, alle elementari, le maestre la chiamavano la PR della classe. Quando entrava in una stanza Sofia si notava, ma non solo perché era una bella ragazza. Ma anche perché proprio era molto estroversa, molto di compagnia".
Aveva una carattere forte Sofia, una tempra che non passava inosservata. Era anche un po' maldestra, soprattutto da bambina e per questo veniva chiamata "mano santa". "Qualsiasi cosa toccava la rompeva – ricorda Daniela accennando un sorriso – però crescendo era diventata molto più delicata". Studiava sociologia, ancora non era sicura che fosse quella la sua strada. Nel frattempo aveva iniziato a lavorare in un supermercato e, pochi mesi prima del delitto, anche in una scuola come insegnante di sostegno.
Dopo la sua morte Daniela ha scoperto che la figlia teneva un diario. "Era un diario dove c'erano già delle domande e lei rispondeva. Ad esempio su una pagina la domanda era "la persona che ammiri di più al mondo". E lei aveva scritto mamma e papà. Non sapevamo dell'esistenza di questo diario, per noi è stato un grandissimo regalo".
Michelle Causo
Michelle è nata a Roma il 26 giugno del 2006, il giorno in cui l'Italia di Marcello Lippi affrontava l'Australia durante gli ottavi di finale del Mondiale. "Me lo ricordo bene perché mentre nasceva, Totti tirava il rigore con l'Australia. Infatti io dicevo sempre mia figlia è campione del mondo". Inizia così il racconto di Gianluca Causo nel descrivere la vita di sua figlia Michelle. Una ragazza che amava cucinare ma anche studiare (prendeva sempre ottimi voti, ci tiene a precisare il papà) e aveva un amore sconfinato per il fratello minore. Una ragazza che avrebbe voluto vivere la vita al massimo.
La caratteristica migliore di Michelle? Per il padre non ci sono dubbi: l'altruismo. Infatti lei era contenta se gli altri stavano bene. Un dedicarsi al prossimo rivolto non solo alle persone care (spesso tornava lei a casa da sola per accompagnare le sue amiche) ma anche agli sconosciuti in difficoltà. Michelle infatti preparava i pacchi alimentari per i più bisognosi con la Comunità di Sant'Egidio. Aveva già in mente cosa avrebbe voluto fare da grande: diventare una criminologa.
Quando gli chiediamo un ricordo della figlia da bambina, la mente di Gianluca vola al primo Capodanno passato insieme. "Lei aveva solo sei mesi, perciò noi avevamo un po' paura dei botti essendo la prima figlia, quindi eravamo rimasti a casa chiudendo tutte le finestre. A mezzanotte invece è voluta andare alla finestra, indicava fuori con il dito dicendo bum bum. Abbiamo capito che non aveva paura, anzi le piacevano".
Manuela Petrangeli
Manuela Petrangeli aveva dedicato tutta la sua vita al lavoro. Era una fisioterapista, amava svolgere la sua professione e dedicarsi totalmente ai suoi pazienti. Una vera vocazione che aveva manifestato già nel periodo universitario. "Manuela stava andando in aeroporto, aveva prenotato un viaggio a New York e il taxi la stava aspettando fuori dal cancello di casa – racconta la mamma Patrizia Quercioli – ma a un certo punto abbiamo sentito gridare una nostra vicina di casa. Chiamava a gran voce Emanuela perché il suo bambino si era sentito male. Mia figlia ha lasciato le valige sul pianerottolo ed è corsa da lui. Non solo è riuscita a salvarlo, ma non è più partita per andare in ospedale e accertarsi delle sue condizioni".
Questo episodio ci permette di capire davvero chi era questa donna, che si divideva tra l'accudire i suoi pazienti e crescere suo figlio (rimasto senza la mamma a soli 8 anni). "Mia figlia Manuela era un vero angelo. Perdere una figlia così non si può" conclude mamma Patrizia, mentre accarezza il ciondolo a forma di cuore con all'interno una foto di Manuela. Una foto scattata solo pochi giorni prima del suo femminicidio.