Epidemia Ebola, il medicinale sperimentale ZMapp che stoppa il virus
Si chiama ZMapp ed è il farmaco che potrebbe bloccare la diffusione del virus Ebola in Africa occidentale o, quanto meno, potrebbe curare le vittime del contagio evitandone la morte. Nancy Writebol (59) e Kent Brantly (33), i due cittadini americani che hanno contratto il virus in Liberia, sono curati dai colleghi dell'Emory University Hospital di Atlanta dove gli è stato somministrato lo ZMapp (medicinale sviluppato dalla Mapp Biopharmaceutical Inc, società di San Diego che lavora in collaborazione con le agenzie governative di Usa e Canada), facendo registrare subito miglioramenti significativi nel loro quadro clinico. È bene sottolineare che il medicinale è ancora in fase di sperimentazione e che, affermano dalla comunità scientifica, non è ancora chiaro né se questo possa effettivamente contrastare il virus – che causa febbri emorragiche portando, nel 60 per cento dei casi al decesso degli ammalati –, né se il miglioramento dei due pazienti statunitensi possa essere legato anche ad altri trattamenti in corso presso il nosocomio della Georgia.
“In meno di un'ora dall'assunzione del farmaco – ha affermato una fonte indipendente alla televisione Usa Cnn –, le condizioni di Brantly sono migliorate in modo significativo. Le sue capacità respiratorie sono aumentate, gli sfoghi sul suo corpo sono svaniti”. Le buone notizie dagli Usa, già riportate da Fanpage ieri, potrebbero rappresentare la prima buona notizia nell'azione di contrasto di un virus che rimane, ad oggi, ancora sostanzialmente sconosciuto. Forse proprio perché ha sempre e solo colpito paesi africani e, nello specifico, solo le nazioni della parte Occidentale del continente.
È chiaro, tuttavia, che le sperimentazioni del nuovo farmaco dovranno proseguire ancora prima di ottenere il via libera da parte dell'Oms (Organizzazione mondiale della Sanità) e, in questo caso, dalla Fda americana (la Food and Drug administration, ente governativo Usa dipendente dal Dipartimento della Salute e Servizi Umani di Washington). I due operatori, che hanno chiesto espressamente di poter testare lo ZMapp hanno potuto farlo perché hanno iniziato il trattamento non in territorio statunitense – in Liberia – dove la Fda non ha giurisdizione.
La raccolta fondi lanciata dalla Croce Rossa
Intanto le organizzazioni internazionali hanno iniziato la raccolta di risorse economiche per porre un freno alla diffusione della malattia e aiutare le popolazioni colpite. L'Oms ha messo sul piatto della bilancia circa 75milioni di Euro, mentre la Croce rossa inglese ha lanciato una raccolta fondi. In partenza per i paesi africani anche cinquanta specialisti Nordamericani che andranno ad aggiungersi ai colleghi russi e di altre nazioni europee, con l'obiettivo di aiutare le popolazioni locali e, soprattutto, i colleghi africani impegnati sul posto.
Uno degli aspetti più critici della diffusione di Ebola, ritenuto in ogni caso un virus non particolarmente pericoloso per quanto sia letale, è proprio quello di colpire gli operatori sanitari del posto impegnati a sostenere le vittime del contagio creando così ancora più apprensione tra i cittadini africani. Ad oggi e dallo scoppio dell'attuale epidemia si contano poco meno di novecento decessi, più di 1.600 contagi soprattutto in tre paesi: Sierra Leone, Liberia e Guinea. Ma, notizia delle ultime ore, quattro casi sono stati segnalati nella vicina Nigeria (il più popoloso Stato africano) e se ne temono molti altri. Le autorità di Lagos hanno messo in stato d'isolamento una settantina di persone, entrate in contatto con il medico che ha contratto il virus da Patrick Sawyer, cittadino americano-liberiano morto nella capitale nigeriana al suo arrivo da Monrovia (capitale della Liberia).
La situazione nei paesi africani è comunque di massima allerta. Dopo il summit di Conakry, Capitale della Guinea – dove si sono incontrati i Capi di Stato di Liberia, Sierra Leone e Costa d'Avorio e i vertici dell'Oms –, è stato deciso dalle autorità di Monrovia e Freetown l'utilizzo dell'esercito nei villaggi dove i focolai del virus sono più presenti, al fine di bloccare per quanto possibile il contagio ad altre zone dei paesi interessati e, di conseguenza, al resto del Continente africano.
“Questa crisi si sta muovendo più veloce delle nostre contromisure – ha affermato Margaret Chan, direttore generale dell'Oms –. Se l'operazione di contenimento del virus dovesse fallire sarebbe una catastrofe. I Capi di Stato dei paesi coinvolti riconosco la gravità della situazione e hanno mostrato la loro determinazione a contrastare la diffusione della malattia”.
Intanto il passo verso l'isterismo di massa sembra essere davvero breve. Nelle scorse ore una cittadina della Sierra Leone, di 72 anni, in volo da Freetown verso Londra è deceduta in volo poco dopo lo scalo tecnico in Gambia. La signora, che mostrava sintomatologie simili a quelle causate dal virus, ovvero vomito e febbre alta, è morta poco dopo l'atterraggio nella Capitale britannica, mandando così nel panico gli altri 127 passeggeri del volo e mettendo in allerta non solo il personale di volo a bordo della Gambian Bird, ma anche il personale in servizio presso lo scalo Heatrow. Nelle ore successive le autorità del Regno Unito hanno chiarito come la morte della signora africana non è legata al virus Ebola e che, in ogni caso, le procedure di quarantena per passeggeri e personale di volo e di terra sono state eseguite senza problemi.
I trattamenti per l'Ebola in Europa
In Europa i pazienti che dovessero contrarre il virus saranno trasportati in Germania, ad Amburgo, dove un'unità speciale – su richiesta dell'Oms – è già a lavoro per preparare le aree ad hoc in cui trattare i pazienti affetti dal male, sia europei che africani. Il paese della cancelliera Merkel ha infatti dato il via libera ad una richiesta proveniente direttamente dell'Organizzazione della Sanità al fine di coordinare gli interventi terapeutici a livello internazionale.
Per quanto riguarda l'Italia, infine, secondo gli esperti non ci sarebbero particolari rischi e le normali profilassi sarebbero sufficienti a monitorare, quanto meno, la situazione. Le ondate migratorie che interessano lo Stivale, infatti, per caratteristiche intrinseche potrebbero essere molto difficilmente portatrici del Virus. In primis perchè questo ha un tempo medio d'incubazione di una settimana, con un massimo di 21 giorni, e il tempo medio per il raggiungimento delle coste italiane dai paesi dell'Africa occidentale supera i tre mesi. Per quanto riguarda possibili casi di contagio proveniente da passeggeri di voli o navi internazionali, il ministero della Salute fa sapere, che tutte le procedure di monitoraggio sono state attivate al fine di tenere la situazione sotto controllo ed evitare inutili allarmismi.