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Guerra in Ucraina

Emergency: “Le armi non sono mai la soluzione, Putin fermi i bombardamenti, si apra un vero negoziato”

Verso la manifestazione per la pace del 5 novembre. Rossella Miccio, presidente di Emergency, a Fanpage.it: “Nessuna equidistanza rispetto a Russia e Ucraina. Ma ora è il momento di lavorare per un cessate il fuoco e per una conferenza internazionale di pace”.
Intervista a Rossella Miccio
Presidente di Emergency
A cura di Davide Falcioni
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"Condanniamo l’aggressore, rispettiamo la resistenza ucraina, ci impegniamo ad aiutare, sostenere, soccorrere il popolo ucraino, siamo a fianco delle vittime. Siamo con chi rifiuta la logica della guerra e sceglie la nonviolenza".

Nessuna ambiguità, nessuna equidistanza. Quello citato è uno dei passaggi più significativi dell’appello con cui è stata convocata a Roma la grande manifestazione per la pace di sabato 5 novembre, iniziativa che vede l’adesione di centinaia di comitati, dei sindacati confederali CGIL, Cisl e Uil e di innumerevoli associazioni.

Tra queste spicca Emergency, ONG fondata da Gino Strada da sempre in prima linea per soccorrere le popolazioni colpite dai conflitti.

Fin dai primi mesi della guerra in Ucraina Emergency si è mostrata molto critica nei confronti della strategia della quasi totalità dei governi occidentali, quella di fornire aiuti militari per un valore di centinaia di milioni di euro investendo prevalente sulla via bellica, e tralasciando invece la strada della diplomazia.

A quasi otto mesi dall’inizio della guerra Fanpage.it fa il punto della situazione con Rossella Miccio, che di Emergency è la presidente. E che di guerre, tra Afghanistan, Sudan e Somalia, ne ha viste fin troppe per poter accettare che se ne conduce un'altra alle porte dell'Europa.

Rossella Miccio, presidente di Emergency
Rossella Miccio, presidente di Emergency

In questi otto mesi i Paesi occidentali hanno sostenuto l'Ucraina finanziariamente e militarmente. Oggi la pace tra Mosca e Kiev è più vicina o più lontana?

Non mi sembra che allo stato attuale la pace sia particolarmente vicina. Anzi, di giorno in giorno continuano ad alzarsi i toni in maniera estremamente preoccupante anche per la minaccia dell'impiego di armi nucleari, circostanza di cui sento parlare con una leggerezza inquietante. Non solo: come abbiamo constatato in tutti gli altri casi non è con le armi che si possono risolvere situazioni così tese: dopo quasi otto mesi assistiamo solo a un'escalation di violenza, con morti, feriti e milioni di profughi, ma non vediamo un vero impegno per un cessate il fuoco né per aprire un tavolo di negoziato. La diplomazia sta facendo troppo poco.

C’è il rischio che l’Ucraina diventi un Afghanistan – o una Siria – alle porte dell’Europa?

Mi auguro di no, ma ricordo che cosa si diceva otto mesi fa: che fornendo armi agli ucraini avremmo accelerato la fine del conflitto. Mi sembra che così non sia stato. Confermo che nella mia lunga carriera non ho mai visto, nell'invio delle armi, un fattore di velocizzazione della fine di una guerra. Anzi, purtroppo sempre più spesso l'intensità dei combattimenti cala mentre aumenta la loro durata. Spero che non sia il caso dell'Ucraina, però la preoccupazione c'è ed è molto forte. Lo verifichiamo noi stessi con le nostre attività: sempre più cittadini ucraini vengono a chiederci aiuto perché speravano di rimanere in Italia per un breve periodo, e invece si stanno accorgendo che la loro permanenza nel nostro Paese continua ad allungarsi senza nessuna speranza di poter tornare a casa.

Cosa chiederanno i manifestanti del 5 novembre?

Una cosa semplicissima: un cessate il fuoco alla Russia e all'Ucraina, e alla comunità internazionale un impegno affinché le armi tacciano davvero. Chiediamo poi che finalmente ci si concentri su quello sforzo diplomatico che finora non è stato mai messo in campo sul serio. Infine chiediamo che venga convocata una conferenza internazionale per la pace in Ucraina, perché crediamo che sia una questione che riguarda tutti, non solo Kiev e Mosca.

Che ruolo dovrebbe avere secondo voi l’Italia e l'Unione Europea in questa vicenda?

Vorremmo vedere un'Italia e un'Europa unite nella promozione del negoziato di pace. Questo sarebbe il giusto coronamento di quel premio Nobel per la Pace che l'UE ha ricevuto proprio dieci anni fa. Invece purtroppo finora la discussione si è concentrata esclusivamente sulla tipologia e quantità di armi da inviare all'Ucraina.

E come si mettono a sedere allo stesso tavolo Putin e Zelensky?

La pace si fa con il nemico. Un modo di negoziare deve essere trovato, a meno che non si voglia continuare a combattere in eterno. Non ci sono alternative alla pace e questo è proprio il compito della diplomazia: mediare nei conflitti, creare le condizioni affinché le parti possano parlarsi. Se così non fosse, tutte le guerre proseguirebbero a oltranza. Noi sappiamo che alla fine dei conflitti non ci sono vincitori, ma solo vinti: le popolazioni civili.

Un civile ferito in Ucraina
Un civile ferito in Ucraina

In Italia alcuni accusano i pacifisti di equidistanza tra aggredito e aggressore, cioè tra Ucraina e Russia.

Noi siamo estremamente chiari da questo punto di vista. Nessuna equidistanza rispetto a Russia e Ucraina: sappiamo perfettamente che Putin ha fatto la scelta criminale di invadere un Paese vicino e fratello. Detto ciò crediamo che quello che sta avvenendo non sia solo una questione tra Russia e Ucraina ma che ci siano responsabilità complessive globali. Chiediamo a Putin di interrompere i bombardamenti e chiediamo a Zelensky di sedere al tavolo dei negoziati.

Perché il 5 novembre non manifestate sotto l’ambasciata russa?

Ci sono regioni di carattere prettamente logistico: alla manifestazione di sabato 5 novembre parteciperanno Ong, associazioni, sindacati, il mondo cattolico, le comunità valdesi, quelle di religione islamica e innumerevoli cittadini. Noi contiamo di avere in piazza a Roma decine di migliaia di persone, ci servirà un luogo che possa accogliere in sicurezza questa marea umana.

Quali potrebbero essere i punti sui quali imbastire una trattativa tra Ucraina e Russia?

Suggerirlo non rientra tra i nostri compiti. Noi ci limitiamo ad essere vicini alle cittadine e ai cittadini ucraini che stanno subendo questa guerra: molte delle associazioni che hanno aderito alla manifestazione del 5 novembre si recano regolarmente in Ucraina per aiutare la società civile, e noi come Emergency lo facciamo al confine con la Moldavia dove – già dal mese di aprile – abbiamo aperto un ambulatorio che presta assistenza medica ai profughi, in prevalenza donne e bambini in fuga. Allo stesso modo solidarizziamo con la società civile russa che si oppone alla guerra e che, esprimendo dissenso, viene duramente repressa. Questo è il nostro compito, oltre a chiedere insistentemente una conferenza internazionale di pace sotto l'egida delle Nazioni Unite, l'ente più autorevole e neutrale possibile. Dopodiché alla politica e ai diplomatici spetta trovare la quadra, individuare possibili soluzioni per far tacere le armi tenendo in considerazione i diritti di tutti, in primis degli ucraini.

Emergency aprirà un intervento di assistenza sanitaria anche in Ucraina?

Emergency ha supportato già dal mese di maggio numerosi ospedali ucraini inviando materiale sanitario in accordo con la commissione per i diritti umani del Parlamento ucraino. Al momento non ci è stato richiesto di organizzare interventi di tipo diverso.

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