Emergency: “Folle riempire l’Ucraina di armi, il disastro Afghanistan non ci ha insegnato niente”
"L'unica possibilità per finire la guerra in Ucraina è quella di investire seriamente su un negoziato di pace. Inviare nuove armi è folle, significa prolungare il conflitto, aumentare morti e feriti". A dirlo, in un'intervista rilasciata a Fanpage.it, è la presidente di Emergency Rossella Miccio. A due mesi dall'inizio dell'invasione russa in Ucraina l'Ong fondata da Gino Strada critica duramente la strategia della quasi totalità dei governi occidentali, quella di fornire aiuti militari per un valore di centinaia di milioni di euro investendo esclusivamente, o quali, sulla via bellica e disertando la soluzione diplomatica. Eppure i disastri degli anni duemila dovrebbero aver insegnato qualcosa: il fallimento della guerra in Afganistan, la destabilizzazione della Libia, le bombe sull'Iraq e quelle sulla Siria non hanno mai portato nulla che somigliasse neppure vagamente a pace e stabilità, ma solo centinaia di migliaia di morti, milioni di invalidi, Paesi distrutti e un odio incancrenito nelle popolazioni destinato a tramandarsi ancora a lungo.
Presidente, lei è appena tornata dall’Afghanistan. Che situazione ha trovato, a otto mesi dalla partenza delle truppe occidentali?
La situazione è per alcuni versi incoraggiante e per altri ancora drammatica: nelle grandi vie di comunicazione ci si può muovere in modo piuttosto tranquillo e siamo riusciti a raggiungere delle cliniche che per anni sono state sulla linea del fronte, quindi completamente off limits perché a ridosso dei combattimenti. Oggi invece c'è molta più libertà di movimento anche per le Ong e i cooperanti internazionali che possono operare in condizioni di maggior sicurezza rispetto al passato e garantire servizi indispensabili alla popolazione. A fare da contraltare a questo miglioramento c'è una situazione economica drammatica: non si svolgono più lavori pubblici, la ricostruzione post bellica è ferma, e soprattutto non circola moneta. Nei mercati è tutto disponibile, ma la popolazione è così povera da non riuscire a permettersi quasi niente perché non c'è lavoro e dalle banche è possibile prelevare solo una limitata quantità di contanti.
Insomma, vent'anni di guerra non hanno migliorato la vita degli afghani…
No, e da questo punto di vista ci sono responsabilità enormi da parte della comunità internazionale, che per decenni ha finanziato la guerra con decine di miliardi di dollari senza costruire nulla che permettesse all'Afghanistan di reggersi sulle proprie gambe una volta finito il conflitto. Come se non bastasse, sebbene la situazione sia più tranquilla rispetto al passato, è ben lungi dall'essere pacificata; con l'arrivo della primavera sono ripresi gli attacchi, solo durante la mia permanenza di 10 giorni vi sono stati due attentati a Kabul. La stabilità del Paese non sembra essere destinata a durare a lungo.
Secondo alcuni analisti l’Ucraina rischia di diventare per la Russia un pantano come l’Afghanistan lo è stato per gli Stati Uniti. Vede anche lei questo pericolo?
Spero con tutte le mie forze che non sia così perché sarebbe un disastro, l'ennesimo. In questi anni non c'è stato solo l'Afghanistan, ma anche altre guerre lunghissime come la Siria, la Libia e la Somalia; in tutti questi casi le conseguenze sulle popolazioni civili sono state molto pesanti. Mi auguro che in Ucraina non avvenga lo stesso, ma purtroppo non vedo interesse da parte di nessuno a raggiungere un cessate il fuoco duraturo e reale per intavolare un negoziato di pace. Gli effetti li vediamo già: tutti i Paesi in via di sviluppo rischiano un ulteriore peggioramento delle loro economie già fragili con aumento dei prezzi e scarsità di materie prime e generi alimentari. Ricordo che il conflitto in Ucraina non è iniziato il 24 febbraio del 2022, bensì nel 2014: per otto anni, seppur a fronte di 15mila morti, nessuno ha mai battuto ciglio né cercato soluzioni vere.
Dopo i primi, deboli, tentativi di imbastire un negoziato di pace quel tavolo è ormai deserto e a parlare sono solo le armi. Cosa pensa della decisione italiana ed europea di puntare sulla soluzione militare del conflitto fornendo centinaia di milioni di euro di armamenti?
Credo sia una strategia folle. Aumentare le armi a diposizione non è mai significato velocizzare la soluzione di una guerra; al contrario, in 28 anni di attività Emergency ha sempre riscontrato che a un aumento delle armi sono corrisposti più morti e più feriti, oltre che conseguenze gravi sul lungo termine. Per quanto riguarda l'Ucraina, ad esempio, a chi vanno queste armi? Chi le controlla? Che ne sarà di questo materiale bellico quando la guerra sarà finita? I nostri politici dovrebbero aver riflettuto abbastanza in questi anni sulle conseguenze di un approccio bellicista alle controversie internazionali. La soluzione è solo una: investire davvero su una soluzione politica e su negoziati seri.
Ma non si può chiedere agli ucraini di non difendersi da un'invasione…
Sono d'accordo. Nessun nega il diritto degli ucraini di difendersi, loro fanno benissimo visto che sono stati aggrediti dalla Russia. Ma quello che dobbiamo chiederci è cosa debba fare il resto del mondo: porsi in una posizione di mediazione puntando ad abbreviare il conflitto oppure limitarsi a supportare militarmente una delle parti belligeranti, prolungando la guerra e rendendo sempre più difficile una conciliazione? Prendiamo gli Stati Uniti: Biden continua a parlare di "vittoria finale", ma così facendo lancia messaggi gravi e non permette in alcun modo l'apertura di un serio tavolo di negoziati. Non dimentichiamo infine che la grande novità di questa guerra è che per la prima volta non viene escluso il ricorso ad armi nucleari. I rischi sono altissimi, questa guerra va fermata subito ed è incredibile che Papa Francesco sia rimasto l'unico a lanciare appelli per la pace.
Un'ultima domanda. Cosa sta facendo Emergency per l’Ucraina?
Ci siamo attivati immediatamente in Ucraina, nei Paesi limitrofi e in Italia. Abbiamo sostenuto concretamente gli ospedali di Kiev inviando farmaci che ci sono stati richiesti dal sindaco della città e dai responsabili di tutte le strutture sanitarie. Inoltre siamo presenti in Moldavia con un ambulatorio mobile nella città di Bălți: in accordo con le autorità locali garantiamo assistenza sanitaria e psicologica ai profughi in arrivo dall'Ucraina. Per finire abbiamo dei progetti anche in Italia con ambulatori fissi e mobili: offriamo ai profughi supporto per l’iscrizione al Servizio Sanitario nazionale e orientamento ai servizi sanitari e sociali presenti sul territorio e a Milano stiamo fornendo supporto alimentare, consegnando settimanalmente pacchi con beni di prima necessità a famiglie ucraine ospitate in diverse zone della città da cittadini che hanno aperto le porte delle loro case.