Emanuele, morto in caserma facendo un volo di 12 metri. La madre: “Ucciso dal nonnismo”
In caserma lo chiamano l'avvocato perché Emanuele, ragazzone siciliano di 26 anni, ha una laurea in legge, ma è anche uno che difende gli altri, specialmente i compagni di corso. È entrato da pochi giorni nel corpo di addestramento paracadusti della Brigata Folgore di Pisa, è una recluta, un ‘fratellino', per dirla con il gergo da caserma. Emanuele, però, non farà il parà: concluderà il suo anno di leva obbligatoria e poi tornerà nella sua Sicilia, dove, dopo l'esame di abilitazione alla professione sarà finalmente avvocato. Il 13 agosto, qualche giorno dopo il suo arrivo, chiama mamma Isabella per dirle che va tutto bene e si sta godendo la nuova città. Quel giorno stesso sparisce, la sera non risponde al contrappello notturno e viene dato per assente, nessuno lo cerca. Tre giorni dopo riappare.
Morto.
Sei ore di agonia: nessuno lo ha soccorso
Il suo cadavere viene trovato sotto un tavolino nella caserma Gamerra, ai piedi della torre dove vengono messi ad asciugare i paracadute. Un lapidario comunicato dell'esercito ne annuncia la morte, attribuendola a cause accidentali. Il soldato Scieri viene seppellito con tutti gli onori militari. La famiglia, però, non si ferma davanti alle laconiche conclusioni dell'esercito, ma nomina un consulente medico di parte che arriva a tuttaltra conclusione: Lele è precipitato dalla torre ed è morto dopo sei ore di agonia. Poteva essere salvato, se qualcuno dei suoi commilitoni lo avesse cercato.
Settecento testimoni: nessuno ha visto
Perché Lele si trovava sulla torre, si chiedono Corrado e Isabella Scieri? È possibile escludere che ci fosse salito perché costretto dai commilitoni anziani, ‘i nonni' in una sorta di rito di iniziazione? L'ombra del nonnismo, che solo nel 1999 contava 122 casi, comincia a prendere forma insieme a tutti gli interrogativi che quel caso contiene. Se si fosse trattato invece di un incidente, come ipotizzato da Procura e militari, come era stato possibile il corpo del ragazzo non venisse trovato? Settecentoquaranta testimoni, tra responsabili e commilitoni, sono stati sentiti all'interno dell'inchiesta, eppure nessuno sa spiegare come il corpo dell'avvocato sia arrivato sotto il tavolino. A due passi dal PAO, il Picchetto armato ordinario che presidia il muro di cinta della caserma, peraltro.
Il caso arriva in Parlamento
Nel 2013, mamma Isabella alla guida dell'associazione "Verità e giustizia per Lele" chiede l'aiuto del deputato Sofia Amoddio. L'avvocato siciliano inizialmente rifiuta scettica, di seguire quel caso poi inizia a credere che ci siano buone possibilità di ottenere l'apertura di una commissione di inchiesta parlamentare sulla vicenda. E ci riesce.
L'epilogo
A settembre 2017, 18 anni dopo la morte del soldato Scieri, la Commissione presieduta a Sofia Amoddio ha chiesto la riapertura delle indagini alla Procura di Pisa. L'avvocato ha illustrato l'esistenza di ‘nuovi elementi di responsabilità' emersi sulla morte di Lele. Corrado Scieri, il papà del soldato, è morto nel 2011, dopo aver puntato il dito contro i silenzi e le reticenze dell'Esercito nel libro ‘Folgore di morte e di omertà‘, sulla storia di suo figlio Lele. Quel ragazzo di 26 anni che voleva solo volare con il paracadute.