Emanuele Filiberto di Savoia si scusa per le leggi razziali: “Devo fare i conti con la storia”
"Condanno le leggi razziali del 1938 di cui ancora oggi sento tutto il peso sulle mie spalle. Con me, tutta la Real Casa di Savoia. Non ci riconosciamo in ciò che fece Vittorio Emanuele III: una firma sofferta dalla quale ci dissociamo fermamente". Questo è un passaggio della lettera alla comunità ebraica scritta da Emanuele Filiberto di Savoia. Ne ha parlato in un'intervista nello Speciale Tg5 Parole dal Silenzio. Anni per "chiedere solennemente e ufficialmente perdono" alla comunità ebraica per la firma di Vittorio Emanuele III. Il nipote del sovrano ha continuato: "Vi scrivo a cuore aperto una lettera non facile che può stupirvi e forse non vi aspettavate. Sappiate che per me è molto importante e necessaria perché reputo giunto il momento di fare i conti con la Storia".
La lettera chiude una vicenda di scuse mai ufficiali per la vicenda di quel re che non si era rifiutato di avallare le leggi razziali del fascismo. Nel 2002 Vittorio Emanuele di Savoia le aveva definite una "macchia indelebile per la nostra famiglia", ma le scuse restarono indirette. L'unica figura della famiglia reale che aveva espresso fin da subito il suo sconcerto per le leggi era stata Maria José, madre di Vittorio Emanuele e moglie di Umberto. Sulla vicenda era sempre stato mantenuto (più o meno) il silenzio.
Nella lettera si farebbe riferimento alla zia Mafalda, morta nel 1944 nel campo di Buchenwald e alla deportazione della sorella Maria con il marito e due figli in un lager vicino Berlino. Altro filone ricorrente sarebbe la "sofferenza" di Vittorio Emanuele III nell'apporre la firma. Più volte si farebbe riferimento alla "firma sofferta" in quel momento storico. Appare un tentativo di addolcirne le responsabilità, così come il ricordo di Vittorio Emanuele III alla Sinagoga di Roma dopo aver detto "gli ebrei sono per noi italiani, in tutto e per tutto". Emanuele Filiberto ha fatto le sue scuse in occasione della Giornata della Memoria fissata per il 27 gennaio, data simbolo della liberazione di Auschwitz. L'erede ricorda i sei milioni di ebrei morti di cui "7.500 sono nostri fratelli italiani". "Nel ricordo di quelle vittime – scrive – oggi voglio chiedere perdono".