Tre giorni fa è partita l'ennesima equipe tecnico-sanitaria, per raggiungere la nave Elpis nel porto di Banjul, in Gambia "per il desiderio di voler fare ancora qualcosa di utile nei confronti di questo popolo che ha manifestato tanta gratitudine, amicizia e si è prodigato con affettuose attenzioni nei nostri confronti, mostrando un grande apprezzamento per il lavoro delle nostre equipe che si sono avvicendate in questi tre mesi". L'associazione "ELPIS Nave Ospedale" è una di quelle storie tutte italiane che vale la pena raccontare perché è una di quelle "congregazioni di buoni" che rimangono nascoste dall'attenzione dei media eppure ogni giorno, da anni, vincono sfide straordinarie.
Nel 2009 il Ministero dell Politiche Agricole regala all'associazione un vecchio rimorchiatore sovietico in disuso che risale al 1990, un RK38 che in cinque anni di lavori di ristrutturazione viene trasformato in un vero e proprio ospedale itinerante lungo quasi 25 metri: La nave – spiega l'associazione – "è dotata di sala operatoria, oltre che di servizi vari dedicati alla diagnostica, laboratorio analisi, unità odontoiatrica, etc." ed è "uno strumento completo ed utile per portare assistenza sanitaria a favore delle comunità bisognose di località isolate, disagiate e non altrimenti raggiungibili, che non hanno altra alternativa se non quella di vedere arrivare, appunto, un ospedale dal mare". La nave ELPIS viene "trasferita ed ormeggiata in porti prestabiliti o, in alternativa, in zone costiere o fluviali, strategicamente più idonee, nel rispetto di preventivi accordi operativi, concordati e stipulati con le autorità governative dei paesi interessati al nostro operato, con missionari, partner e autorità locali" e, quando serve, "prevede anche l’impiego di strutture modulari come container sanitari amovibili, tende pneumatiche per l’allestimento di un ospedale da campo, etc., col fine ultimo di amplificare ed estendere sulla terra ferma l’operato sanitario".
In questi tempi di Mediterraneo teatro di morte la piccola nave siciliana è un simbolo che va seguito con cura: non si tratta solo di medici specialisti ma soprattutto si tratta della volontà di persone (coagulata a forma di nave) che credono davvero in un mondo possibile. Il senso dell'iniziativa si coglie nella lettera che il volontario odontoiatra Mario Zanna (volontario sulla Elpis ormeggiata Gambia da maggio a giugno di quest'anno) ha indirizzato ai suoi colleghi in partenza: "Con l’avvicinarsi della partenza dei nostri colleghi odontoiatri per la missione sulla nave Elpis, – ha scritto il dottor Zanna – ci tengo ad augurare a Franco e Luigi buon lavoro (quello di certo non mancherà), ma soprattutto di provare le meravigliose esperienze umane e di vita che in queste occasioni si possono raccogliere. Sulla nave ho vissuto un qualcosa che ha segnato in modo indelebile la mia esistenza", "e infine – aggiunge il volontario – una delicata carezza, e questa non è retorica, alla nostra cara Elpis, che nel mio immaginario si è già trasformata in uno splendido veliero, con le vele issate al vento della fratellanza".
Il progetto, ambiziosissimo, partito dall'aprile di quest'anno è quello di una missione in Africa che vede la Elpis circumnavigare quasi per intero il continente dal porto di Trapani fino al lontano Madagascar: "un’operazione impegnativa, sia sotto il profilo economico che organizzativo e presuppone una preparazione scrupolosa fondamentalmente finalizzata all’efficienza della nave ed alla formazione di un equipaggio motivato e professionale", ha raccontato Giancarlo Ungaro, presidente dell'associazione, che aggiunge: "Tutto ciò, ovviamente, nonostante la base di volontariato su cui si regge l’attività sanitaria, risulta molto oneroso a causa dei costi di gestione della nave ospedale".
Si visitano donne, bambini ma anche adulti che a volte hanno solo bisogno di "un sorriso o una parola buona". Dall'Italia si sposta questo piccolo esercito che raggiunge i porti più poveri del sud del mondo, quelli massacrati da qualche guerra o qualche calamità naturale, lì dove la "il divario con il resto del mondo si può curare innanzitutto garantendo la salute" (come è scritto nello statuto dell'associazione). Ed è ossigeno anche per noi qui, in Italia, che abbiamo un piccola storia di cui essere fieri.