Eleonora Perraro torturata a morsi e strangolata, condanna all’ergastolo per il marito
Ergastolo, è questa la pena inflitta dalla Corte d'Assise di Trento a Marco Manfrini, l'uomo accusato di aver ucciso la moglie Eleonora Perraro, torturandola a lungo prima di strangolarla nel giardino del locale Sesto Grado di Nago Torbole, in provincia di Trento, nel settembre di due anni fa. La sentenza di condanna per il cinquantenne di Rovereto è arrivata nel pomeriggio di oggi, martedì 6 luglio, quando al termine del processo di primo grado i giudici trentini hanno accolto in pieno le richieste formulata dal pubblico ministero Fabrizio De Angelis nei confronti dell'imputato. Manfrini è stato ritenuto colpevole di omicidio volontario aggravato e condannato al massimo della pena. La stessa Corte d'Assise ha accolto anche le altre istanze presentate dall'accusa ed ha stabilito un risarcimento di oltre 200.000 euro a carico dell'uomo per le parti civili.
Il delitto di Eleonora Perraro risale alla notte tra il 4 e il 5 settembre del 2019, quando, secondo l'accusa e i giudici di primo grado, Manfrini avrebbe ucciso la moglie dopo averla fatta ubriacare e aver preteso un rapporto sessuale, rifiutato dalla donna. In base a quanto emerso dall'autopsia, la donna è stata torturata a lungo prima di essere strangolata a morte. I due erano in gita quanto al termine della cena Eleonora Perraro è stata presa a morsi, picchiata ferocemente e scaraventata ripetutamente sugli alberi prima di essere uccisa. Perfino il cane di lei è stato picchiato brutalmente perché abbaiava disperato per salvare la proprietaria,
Quando le forze dell'ordine arrivarono sul posto la mattina successiva al delitto, Manfrini era ancora sporco di sangue e in stato confusionale. L'uomo ha sempre rigettato ogni addebito sostenendo, attraverso le relazioni dei periti di parte, che Eleonora Perraro potrebbe essere inciampata proprio sul labrador che era legato ad un albero, per poi sbattere violentemente la faccia su un albero di ulivo, procurandosi ferite poi aggravate dal cane, che ne avrebbero provocato la morte.
Ricostruzione smentita dai pm dalle parti civili in base a numerosi elementi raccolti dai militari del RIS di Parma. Secondo i rilievi scientifici dei carabinieri, sulla dentiera di Manfrini vi erano tracce genetiche della donna, in particolare pelle e peli che confermerebbero che l'uomo l'ha presa a morsi sul volto, sullo zigomo e sul labbro. Evidenti infine le ampie macchie di sangue della donna sui suoi vestiti. Per questo il pm è arrivato a chiedere la trasmissione degli atti alla Procura per valutare l'ipotesi di favoreggiamento personale dei periti.