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Elena rapinata e uccisa a coltellate in casa, ergastolo all’assassino reo confesso

“Lei non smetteva di ridere di me” aveva raccontato Gabriel Falloni confessando l’omicidio di Elena Raluca Serban, rapinata, strangolata e accoltellata in casa ad Aosta.
A cura di Antonio Palma
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Ergastolo, è questa la sentenza emessa oggi dalla Corte d'Assise del Tribunale di Aosta nei confronti di Gabriel Falloni, il trentaseienne imputato per l'omicidio della trentaduenne Elena Raluca Serban, la donna uccisa in casa sua nell’aprile dello scorso anno nel capoluogo valdostano. Si conclude così il processo di primo grado per l’operaio edile di 36 anni originario di Sorso (Sassari), arrestato pochi giorni dopo il delitto.

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Il giudice ha accolto l’impianto accusatorio della Procura che aveva chiesto il carcere a vita contestando all’imputato l'aggravante dell'omicidio per futili motivi e della crudeltà.  Secondo quanto ricostruito dall’accusa, Falloni, aveva incontrato la vittima nell'appartamento di quest'ultima per un appuntamento concordato su un sito di incontri. Giunto in casa però ha rapinato la vittima e poi l’ha uccisa accanendosi su di lei.

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L’uomo aveva portato via circa 8mila euro in contanti, che la donna teneva nell’appratendo poco lontano dal centro cittadino di Aosta preso in affitto, poi avrebbe tentato di strangolarla e infine l’ha accoltellata a morte lasciandola in una pozza di sangue. Dopo il delitto l’uomo aveva lasciato la Valle d'Aosta ma grazie ai video delle telecamere di sorveglianza della zona e al fatto che aveva precedenti per tentata violenza sessuale,  gli inquirenti erano riusciti a risalire a lui.

L’uomo aveva poi confessato raccontando di averla uccisa perché quella donna “non smetteva di ridere di me”. Falloni aveva detto agli inquirenti di averlo fatto dopo essere stato deriso per una sua disfunzione. Avrebbe raccontato di “non sapere cosa è successo” e che “se mi prendono in giro mi torna in mente quando ero bambino ma io non volevo farle del male”. Per questo la difesa aveva puntato su un “vizio parziale di mente” ma una perizia psichiatrica disposta dal presidente della Corte ha stabilito la capacità di intendere e di volere dell'imputato. Per la procura la confessione dell’imputato aveva come obiettivo quello di "mitigare la pena" perché "la sua versione del delitto è volta quasi a mostrare che la colpa fosse della povera Elena, che lo aveva offeso nell’onore sessuale"

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