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Elena Ceste: storia di un omicidio premeditato

“Elena Ceste non è stata uccisa, ci sono le prove”. La tesi della difesa del marito

La consulente dei difensori di Michele Buoninconti spiega in un’intervista perché il marito di Elena Ceste non può averla uccisa e che quello della donna sia stato un allontanamento volontario.
A cura di Biagio Chiariello
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 “A mio avviso sono state raccolte abbastanza informazioni per concludere che Elena Ceste si sia allontanata volontariamente oltre ogni ragionevole dubbio”. Lo afferma in una intervista al Tempo, Ursula Franco, il medico chirurgo consulente dei legali che difendono Michele Buoninconti, il marito di Elena Ceste, la donna sparita nel nulla il 24 gennaio dell’anno scorso e poi ritrovata cadavere a ottobre, in un canale vicino casa. La Franco tende a smontare la figura di padre padrone, violento e anche irascibile, che sarebbe stata costruita attorno a Buonincontri sulla base di alcune intercettazioni. “Vanno contestualizzate temporalmente – dice il medico chirurgo – risalgono a prima del ritrovamento di Elena, per cui Michele poteva avere tutte le ragioni di sentirsi e comportarsi come un uomo ferito e tradito e magari di infierire verbalmente e virtualmente su una donna che pensava l’avesse abbandonato con quattro figli da crescere o di cercarsi un’altra compagna”.

"Il marito di Elena, è innocente: ecco perché"

La consulente è dell’idea che il ritrovamento del cadavere di Elena così vicino alla sua abitazione “è estremamente significativo, accredita l’ipotesi dell’allontanamento volontario, piuttosto che l’omicidio”. Se il marito della Ceste avesse ucciso Elena al suo ritorno dal paese come contestatogli dall’accusa, prima di dare l’allarme, egli avrebbe potuto prendersi tutto il tempo possibile, almeno fino al ritorno dei bambini dalla scuola. Perchè quindi Buoninconti avrebbe dovuto rischiare tanto? Si chiede Ursula Franco. Per il medico intervistato la vittima soffriva di crisi psicotiche caratterizzate da allucinazioni uditive e da un delirio persecutorio, che spiegherebbero anche i suoi atteggiamenti, come quello di essersi spogliata in giardino in pieno inverno.

Questa l'intervista completa: 

In qualità di consulente della difesa di Michele Buoniconti, su quali elementi base è costruita la sua perizia?
Da criminologo ho il compito di raccogliere più informazioni possibili sul caso e processarle fino a giungere a collegarle insieme in una ricostruzione logica dei fatti. Per quanto mi riguarda essendo anche un medico ho cercato di analizzare la psiche della Ceste nei momenti precedenti la sua scomparsa attraverso le testimonianze di parenti ed amici, per comprendere se vi fosse la possibilità di un allontanamento volontario, ho poi analizzato le risultanze autoptiche, il linguaggio verbale e non verbale dell’indagato, ovvero del marito Michele Buoninconti, il suo comportamento dopo il ritrovamento dei resti della moglie ed ho escluso che si sia trattato di omicidio.

Secondo lei, ci sono state delle lacune sulla ricostruzione dei fatti che hanno penalizzato Michele Buoninconti?
A mio avviso sono state raccolte abbastanza informazioni per concludere per un allontanamento volontario ‘oltre ogni ragionevole dubbio’.

Dalle intercettazioni diffuse si evince la figura di un padre padrone, violento e anche irascibile, qual’è la sua interpretazione?
Molte delle intercettazioni che la procura usa contro Michele Buoninconti vanno contestualizzate temporalmente, risalgono a prima del ritrovamento di Elena, per cui Michele poteva avere tutte le ragioni di sentirsi e comportarsi come un uomo ferito e tradito e magari di infierire verbalmente e virtualmente su una donna che pensava l’avesse abbandonato con quattro figli da crescere o di cercarsi un’altra compagna. Non dimentichiamoci inoltre che Buoninconti è stato sottoposto per lunghi mesi ad una disumana pressione mediatica senza precedenti, alla sua disperazione per aver perso la moglie si sono aggiunti poi gli orribili sospetti ed il timore che i servizi sociali gli sottraessero i figli. Per quanto riguarda l’intercettazione dove egli chiede se il corpo ritrovato nel Rio Mersa, poi riconosciuto come quello della moglie, fosse in avanzato stato di decomposizione, ai fini dell’interpretazione si deve tener conto che non è la prima volta che Buoninconti viene avvertito del ritrovamento di un cadavere. Michele, proprio per questo, per le esperienze precedenti, chiede se il corpo sia in avanzato stato di decomposizione, lo fa solo per capire se quei resti possano essere della Ceste, scomparsa nove mesi prima, il cui cadavere sarebbe stato di sicuro decomposto. Se il corpo fosse stato ritrovato in buone condizioni evidentemente egli avrebbe potuto facilmente escludere che fosse quello della sua compagna (…).

Che cosa ha pensato dopo il rinvenimento del corpo a soli 800 metri da casa della Ceste?
L’aver ritrovato il corpo di Elena molto vicino a casa è estremamente significativo, accredita l’ipotesi dell’allontanamento volontario, piuttosto che l’omicidio. Se Michele avesse ucciso Elena al suo ritorno dal paese come contestatogli dall’accusa, prima di dare l’allarme, egli avrebbe potuto prendersi tutto il tempo possibile, almeno fino al ritorno dei bambini dalla scuola. Non si spiega quindi perché il Buoninconti non avrebbe occultato realmente il cadavere ma lo avrebbe piuttosto ingenuamente lasciato in un luogo vicino a casa dove sapeva che le squadre di ricerca lo avrebbero di sicuro cercato. In virtù dei cordiali rapporti le chiediamo una anticipazione sulla difesa, pur sempre nel rispetto del ruolo che ricopre, e la sua tesi su come siano andati i fatti. Elena la mattina della scomparsa era in preda ad una crisi psicotica cominciata il pomeriggio del giorno precedente, caratterizzata da allucinazioni uditive e da un delirio persecutorio. La Ceste dopo essersi denudata (uno dei 6 sintomi della psicosi) fuggì ai suoi ‘persecutori’ e si nascose là dove sono stati ritrovati i suoi resti, in pochi minuti si assopì a causa del freddo e morì per assideramento.

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