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Effettuare telefonate mute a una persona per dispetto è reato

Effettuare continue telefonate mute al proprio vicino, anche se in reazione a quella che viene percepita come una provocazione, è un reato e si rischia una condanna. A sancirlo è la Corte di Cassazione, valutando che disturbare un vicino con delle telefonate mute è un reato anche quando lo si fa per vendicarsi di qualcosa.
A cura di Stefano Rizzuti
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Chi disturba il proprio vicino con telefonate mute, cioè senza pronunciare parole una volta che l’interlocutore risponde, commette un reato e rischia una condanna. Non esiste, in casi come questo, la scriminante di una legittima reazione ai continui rumori fatti dal vicino. L’aspetto della provocazione ricevuta, spesso considerato dai giudici, per questo tipo di reato non è valido ma sarebbe applicabile solamente al reato di diffamazione.

La questione è al centro dell’attenzione dopo una sentenza della Corte di Cassazione che è stata chiamata a esprimersi su un ricorso contro un provvedimento con il quale si era deciso di assolvere l’imputato dal reato di molestie – ai danni del suo vicino di casa – per aver effettuato tante e continue telefonate mute a tutte le ore del giorno e della notte. Inizialmente, infatti, il giudice aveva ritenuto valido il principio della provocazione, ‘giustificando’ così le telefonate effettuate dall’uomo al suo vicino di casa per una sorta di vendetta. In sostanza, aveva valutato non punibile la situazione che si è creata come una reazione a uno stato d’ira provocato da un fatto considerato ingiusto, in questo caso i rumori e il fastidio prodotti dal vicino.

Il giudice aveva quindi ritenuto applicabile la norma proprio perché l’azione sarebbe in realtà stata una reazione provocata dalle molestie acustiche del vicino e dei suoi familiari: rumori di tacchi, porte sbattute, tapparelle alzate e abbassate a tutte le ore. L’interpretazione del giudice è stata quella di non limitare la reazione a una scriminante relativamente soltanto alla diffamazione, decidendo così di applicarla anche ad altre fattispecie. Il vicino di casa ha però contestato questa decisione, facendo ricorso in Cassazione.

Secondo la Cassazione il comportamento dell’imputato è invece qualificabile come molestia: così la precedente decisione è stata ribaltata. Il vicino di casa rumoroso non avrebbe commesso nessun illecito, non violando neanche il regolamento condominiale: anche per questo motivo la scriminante non sarebbe applicabile. Quindi la Cassazione ha accolto il ricorso, ribadendo come le conseguenze penali in casi come questo possano essere escluse solamente se si tratti di una reazione a una aggressione verbale con carattere diffamatorio.

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