È l'affare dell'anno. Mario Balotelli passa al Milan per una cifra vicina ai 20 milioni di euro. Un acquisto che teoricamente aumenta la cifra tecnica della squadra allenata da Massimiliano Allegri e che riporta in Italia uno dei talenti più puri (e discutibili) del calcio azzurro. Ma anche un acquisto che…no, niente. Basta così. Perché siamo pur sempre cittadini di una Repubblica fondata sul calcio e sulla politica, ma a tutto c'è un limite. O meglio, dovrebbe.
E resta un mistero il motivo per il quale l'acquisto di un calciatore dovrebbe avere una ripercussione considerevole in termini di consenso elettorale, tanto da diventare un "fattore" nella corsa alle politiche 2013. E se il giornalista Alessandro Gilioli esprime sarcasticamente la sua "solidarietà per i sondaggisti costretti a misurare l'effetto sulle elezioni dell'acquisto di Balotelli", allo stesso modo non ci resta che sorridere amaramente pensando alla scarsa considerazione riservata ai nostri connazionali. Ma davvero abbiamo a che fare con una massa di idioti pronti a cambiare opinione in base all'acquisto di un calciatore? Davvero il futuro del Paese conta quanto il colore della maglietta di un ventiduenne? E poi, come funziona: compri Balotelli – ti voto, non lo compri e voto il tuo avversario politico? E ancora, fino a che cifra bisogna arrivare per meritarsi il voto?
Siamo seri (per una volta) e non creiamo a tavolino un fenomeno che in realtà non esiste. Perché un conto è legare il rafforzamento ed i successi di un'azienda, una attività imprenditoriale, un club alla ricostruzione dell'immagine pubblica di un uomo politico, un altro è pensare che una operazione di mercato implichi direttamente la modifica dei flussi elettorali. Se così fosse saremmo davvero messi male.