"Gran pezzo di merda ti vengo a cercare fino a casa e ti massacro": l'audio è arrivato nella casella di posta del giornalista Paolo Borrometi alle 8.43 di ieri. Le minacce sono di Francesco De Carolis, proprietario della più importante macelleria di Siracusa ma soprattutto fratello di Luciano De Carolis, pluripregiudicato siracusano indicato dalle forze dell'ordine come "reggente" del clan "Bottaro-Attanasio". La colpa di Borrometi, secondo De Carolis, sarebbe di avere parlato delle condanne del fratello in un articolo che lancia l'allarme sulla situazione di Siracusa e provincia (attentati intimidatori, l'auto del sindaco saltata in aria, una generale omertà da parte dei negozianti stritolati dal pizzo e minacce addirittura alle forze dell'ordine come nel caso del capomafia Michele Crapula alla Polizia di Avola).
L'audio è l'ennesima "testata" contro un giornalista da parte della criminalità organizzata e forse sarebbe il caso di cominciare a prendere terribilmente sul serio questa brutta aria che spira nei confronti dell'informazione da parte della criminalità. Lo dice anche lo stesso, Borrometi, che abbiamo intervistato: "io sono incazzato – ci dice – perché non si può continuare così. Non ho fatto nulla di che: ho scritto un articolo con nomi, cognomi e affari. Non è possibile una cosa del genere".
Si è mosso qualcosa dopo le minacce?
Quella è una realtà in cui le persone pagano il pizzo e la prima cosa che dicono dopo la bomba è "noi non abbiamo mai ricevuto richieste estorsivo". Lo dicono in automatico. Se tu non colpisci, se non dai un segnale duro non cambia nulla. Qui non è un problema delle minacce a me, Paolo Borrometi, ma in generale è un attacco al giornalismo. Se non dai un segnale di presenza dello Stato non ne usciremo mai: al contrario di quello che dice qualcuno questo è un Paese in cui esistono preoccupanti zone franche.
Tutto per un semplice articolo?
Io ho scritto un commento sui fatti che stano accadendo nella realtà siracusana. Me ne occupo da tempo. Faccio un'analisi partendo dal ferocissimo clan che governa gli affari in città e parlo degli attuali boss che sono in libertà, scrivendo che il clima si è acceso dopo il ritorno in libertà di due capimafia del clan Bottaro-Attanasio (di cui il capo assoluto è Alessio Attanasio che è al 41bis da anni). Faccio nomi e cognomi. Da lì ieri, tre giorni dopo, mi arriva l'audio di Francesco De Carolis, fratello del già reggente Luciano, in cui mi minaccia. Ma il punto su cui vorrei soffermarmi è che, oltre alla minaccia di morte, ma lo fa dicendomi di non osare più nominare suo fratello, collegandolo all'articolo e mi dice "vammi a denunciare tanto non possono farmi nulla". È questo senso di strafottente impunità che fa malissimo.
Possiamo dire che ci troviamo di fronte a una chiara minaccia mafiosa?
Le modalità sono prettamente mafiose. Vengono dal fratello del reggente del clan: voglio ricordare che Francesco De Carolis è anche lui un pregiudicato mentre il più famoso fratello oltre a essere boss ha commesso il suo primo omicidio quando era ancora minore, venne condannato a 20 anni, è stato coinvolto in ben quattro operazioni delle forze dell'ordine. In una è stato condannato per mafia, in un'altra è stato condannato per droga e estorsioni e nella terza è stato condannato in primo grado per mafia e poi assolto per insufficienza di prove mentre nella quarta è stato condannato perché, da sorvegliato speciale, rompeva l'obbligo di dimora. L'ultimo arresto lo ha subito l'anno scorso, a maggio, quando ha colpito con il calcio della pistola un mafioso rivale e poi gli ha sparato ferendolo. Giusto per capire che non stiamo parlando di gente che ha smesso di delinquere.
Ufficialmente il fratello, Francesco De Carolis, è un macellaio…
Come diceva Falcone bisogna seguire i soldi: questo signore gestisce la più importante macelleria di Siracusa che ha rilevato da un personaggio di spicco dello stesso clan che è in carcere e obbliga tutti i "paninari" della zona a rifornirsi da lui. Io ho scritto semplicemente questo. Attenzione: non hanno minacciato Paolo Borrometi, minacciano un giornalista che ha raccontato i loro affari.
Ma perché Siracusa è diventata zona franca?
Gli inquirenti sono persone attentissime in quella zone però purtroppo la gente non denuncia. A me ha colpito molto il fatto che settimana scorsa il Questore di Siracusa fece un'intervista in cui chiese di denunciare anche in forma anonima. Hanno la mancanza totale di qualsiasi tipo di denuncia. Noi ci svegliamo quando c'è l'emergenza ma non nella quotidianità dell'impegno.
Hai ricevuto solidarietà dalle istituzioni?
Da Siracusa non ho ricevuto un solo messaggio: né da un deputato, né da una senatore, né da un sindaco. Mi hanno chiamato il Questore, il comandante provinciale, il Prefetto ma c'è il silenzio totale della politica di quella zona. Ed è la cosa più preoccupante. Sono due anni che mi occupo del grigio di quella provincia e non ho ricevuto nulla. Nessuno.
La delusione quindi ti arriva dalla politica?
Sì. Ed è una grande delusione. Io vorrei che si facesse squadra. Io sono contro l'io, sono per il "noi", ognuno con il proprio dovere. L'attenzione sulla mia situazione da parte delle forze dell'ordine nelle settimane passate del resto si era alzata grazie a un'interrogazione parlamentare di Possibile.
Il cosiddetto "mondo dell'antimafia"?
Ho ricevuto una telefonata affettuosissima da don Luigi Ciotti, che ringrazio sempre per la sua attenzione, che mi ha chiesto di organizzare un'iniziativa a Siracusa. Spero che venga organizzata proprio per dare un segnale forte, netto e chiaro alla gente, per dire che può ribellarsi e non deve avere paura.