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È morta a 100 anni la staffetta partigiana Virginia Manaresi: fuggì dal campo di concentramento di Bolzano

È morta a Imola, all’età di 100 anni, Virginia Manaresi, detta ‘Gina’, staffetta partigiana e deportata politica. A darne notizia è il sindaco Marco Panieri. Nata nel 1924, cresciuta in una famiglia antifascista, si impegnò sin da giovane nella lotta contro il regime. Fu staffetta partigiana e deportata politica nel campo di concentramento di Bolzano (da dove riuscì a fuggire).
A cura di Eleonora Panseri
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Virginia Manaresi insieme al sindaco di Imola Marco Panieri.
Virginia Manaresi insieme al sindaco di Imola Marco Panieri.

È morta a Imola, all'età di 100 anni, Virginia Manaresi, detta ‘Gina', staffetta partigiana e deportata politica. A darne notizia è il sindaco Marco Panieri.

"Oggi (lunedì 7 aprile, ndr) ci ha lasciato una delle figure più autorevoli e amate della nostra comunità. Con coraggio e lucidità, "Gina" ha attraversato uno dei periodi più bui della nostra storia, scegliendo da che parte stare", ha scritto in un post in cui ha allegato una foto insieme a Manaresi.

"Lo ha fatto come donna, come giovane resistente, come cittadina impegnata per tutta la vita nei valori della libertà, della giustizia, dell’emancipazione femminile. Proprio lo scorso 26 novembre abbiamo festeggiato insieme i suoi 100 anni, consegnandole la Medaglia dei Centenari", ha ricordato il primo cittadino.

"Oggi ci stringiamo con affetto alla sua famiglia e alla figlia Cinzia, all'UDI, di cui ha fondato la sezione imolese, all’ANED di cui è stata Presidente, all’ANPI Imola, a tutta la rete della memoria civile. In suo onore questa mattina abbiamo confermato la conferenza stampa dedicata all’80° anniversario della Liberazione, scegliendo di dedicarla a Lei. Perché quando perdiamo una testimone diretta come Gina, non si chiude una pagina, ma cresce una responsabilità. Grazie, Gina. Non ti dimenticheremo".

Nata a Imola il 26 novembre 1924, cresciuta in una famiglia antifascista, si impegnò sin da giovanissima nella lotta contro il regime. Fu staffetta partigiana, protagonista delle reti clandestine, arrestata e deportata nel campo di concentramento di Bolzano (da dove riuscì a fuggire).

Fece parte dei Gruppi di Difesa della Donna (formazioni partigiane pluripartitiche, simbolo dell'apporto femminile nella lotta al fascismo, ndr) e fondò la sezione imolese dell'Unione Donne in Italia.

Fu addetta alla distribuzione della stampa clandestina e ai collegamenti con il movimento resistenziale di diversi comuni della provincia di Imola, ma partecipò anche ad azioni di guerriglia.

Pur avendo la possibilità di darsi alla latitanza, preferì farsi catturare insieme con otto compagni "perché avevo scelto la mia strada e dovevo essere responsabile di quello che facevo senza mettere a repentaglio la vita di mio padre", aveva raccontato. Subì estenuanti interrogatori e maltrattamenti.

Venne trasferita nel carcere di San Giovanni in Monte, a Bologna, dove fu registrata come maschio, errore scoperto solo il 22 dicembre 1944 quando si dispose il suo invio nel campo di concentramento di Bolzano.

Nonostante le difficoltà, insieme ad altri prigionieri riuscì a scappare e dopo la fuga nel 1945 tornò a Imola. "Per decenni è stata un riferimento per il mondo antifascista, per l’impegno politico e sociale delle donne, per la coscienza democratica della città", si legge in un comunicato diffuso dal Comune in occasione della sua scomparsa.

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