La notizia: Salvo Riina ha scritto un libro su suo padre e Bruno Vespa l'ha invitato a Porta a Porta. Al momento dell'annuncio dell'ospitata, ieri pomeriggio, si sono scatenate numerose polemiche. Sì, è vero, Salvo Riina è figlio minore di Totò Riina, il Capo dei Capi, condannato a 18 ergastoli e mandante degli omicidi dei giudici antimafia Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Ma non si può fare una colpa a Riina Jr di essere il figlio di Toto o Curtu. Criticarlo e pensare sia un diritto privarlo della possibilità di parlare solo in quanto figlio di un capomafia sarebbe sbagliato, sarebbe come guardare il dito e non la luna, analizzare il problema da una prospettiva errata. Trovo sia giusto sostenere che le colpe dei padri non debbano ricadere sui figli, l'ho sempre pensato.
Quello di Salvo Riina non è un problema di Dna, infatti. Il vero motivo per cui ci sarebbe da indignarsi per la puntata di Porta a Porta di ieri è un altro: l'idea che venga ospitata da Vespa una persona che non ha mai condannato le gesta del padre né si é mai pentito dei crimini da lui stesso commessi e per cui ha scontato oltre 8 anni di condanna per associazione di stampo mafioso. Il problema della sua ospitata è anche nei contenuti espressi, servendosi per giunta dei mezzi messi a disposizione dalla tv pubblica. Non avessi saputo il nome della persona intervistata e mi fossi improvvisamente collegata a Porta a Porta ieri sera, probabilmente avrei pensato che Vespa stesse intervistando il figlio di un ladruncolo di periferia. Un Vespa in cerca dello scoop sensazionalistico ha lasciato che Salvo Riina dipingesse il ritratto amorevole del proprio padre, né più né meno. A un certo punto, guardando la trasmissione, ho avuto la sensazione che fosse in atto quasi una sorta di santificazione del Capo dei Capi, quasi come fosse Riina la vera vittima.
Il problema dell'intervista andata in onda ieri sera non è affatto l'aver invitato il figlio di un mafioso conclamato in televisione, infatti. D'altronde, se il problema fosse la semplice discendenza ereditaria non avremmo mai accettato il ruolo televisivo di Ciancimino Jr, che certo non ha dalla sua parte l'essere figlio di un genitore così irreprensibile eppure è diventato per un certo lasso di tempo una sorta di eroe dell'antimafia televisiva. Il problema, quello vero, è stata la conduzione dell'intervista. Un'intervista senza contenuti, scialba, priva di notizia. L'unica notizia degna di nota è stata l'aver incontrato il figlio di Riina per una chiacchierata, nient'altro. Grandi spot sui social, chiunque ieri era a conoscenza dell'appuntamento che di lì a qualche ora avrebbe avuto luogo nel salotto di Rai 1.
Conoscevo per sommi capi il contenuto del libro di Riina Jr, ma ho voluto guardare lo stesso l'intervista, ho voluto dare una chance a Bruno Vespa, ho voluto verificare se, magari, una volta tanto, avrebbe finalmente fatto ciò che da giornalista dovrebbe competergli: fare domande, tirare fuori notizie, incalzare l'intervistato. Nulla di tutto questo, invece. Come già accaduto poche settimane fa con l'intervista al padre di Manuel Foffo, accusato dell'omicidio di Luca Varani, anche in questo caso Bruno Vespa ha semplicemente fornito un palcoscenico a chi era lì con un solo interesse: ripulire l'immagine della propria famiglia, farla sembrare normale. Non un segno di pentimento, non una presa di distanza da quelle che sono state le gesta compiute dal padre. Dopo tutto è normale, come dichiarato anche a Giovanni Bianconi del Corriere della Sera, a Salvo Riina non interessa soddisfare l'altrui curiosità, solo difendere l'onore della sua famiglia e del padre. Peccato che per difendere l'onore di suo padre il salotto televisivo della tv di Stato non fosse proprio il luogo adatto. A questo però avrebbero dovuto pensarci Vespa e la dirigenza Rai.