Dove sono e quanto sono diffuse le varianti Covid in Italia
Le varianti covid stanno dilagando anche in Italia, quello che fino a poche settimane fa era solo un sospetto è stato confermato dai dati diffusi dall’indagine condotta dall'Istituto superiore di sanità insieme al ministero della Salute e ai vari laboratori regionali che hanno raccolto i numeri sul campo con una rilevazione a campione. La più diffusa resta quella britannica che si stima abbia raggiunto ormai l’88% delle regioni con una percentuale nazionale del 17,8% di tutte le infezioni registrate attualmente. Un dato in linea con quello degli altri principali Paesi europei e che è dovuto alla maggiore facilità con cui si trasmette questa variante e che sembra destinato presto ad avere una impennata visto che, secondo gli esperti dello stesso Iss, questa variante diventerà entro questo mese quella prevalente nel nostro Paese.
Lo studio Iss: Variante covid inglese sarà predominante
La dimostrazione arriva di numeri che le stesse regioni stanno iniziando a raccogliere e che indicano una decisa virata verso le varianti covid, non solo inglese ma anche sudafricana e brasiliana i cui casi, anche se ancora in percentuale, nettamente minore iniziano ad essere segnalati da nord a sud. Se dai dati dell’indagine rapida condotta il 4 e 5 febbraio da Istituto Superiore di Sanità e ministero della Salute veniva indicata una soglia massima del 59% a livello regionale, da alcune province emerge come il dato percentuale sia ancora più alto.
Al momento sono le regioni centrali quelle a preoccupare maggiormente cioè quelle dove per prima è emersa la variante covid inglese. Se è l’Umbria una delle regioni dove l’allarme è più alto anche perché ha un’accelerazione dei contagi covid che ha portato la regione in zona arancione, anche in Abruzzo l’allerta è altissima perché ormai la variante sembra predominante in alcune aree come la provincia di Pescara dove il 65% dei contagi si deve alla variante inglese.
In Umbria impennata di contagi tra giovani
In Umbria a essere interessate sono le aree tra il Perugino e il Trasimeno che non a caso erano già state proclamate zone rosse. In Regione son circa una quarantina i casi accertati tra varianti covid inglese e brasiliana ma i dati certi tardano ad arrivare. Intanto i membri del Comitato tecnico scientifico di supporto alla Regione Umbria hanno chiesto il lockdown che alla luce del fatto che i casi raddoppiati tra i ragazzini. Proprio il gruppo su cui la variante sembra aver più accesso.
In Abruzzo varianti covid dominanti a Pescara e Chieti
In Abruzzo le stime del laboratorio di Genetica molecolare dell'Università di Chieti indica che alla variante inglese è ormai dominante con il 65% sul totale dei contagi. “Difficile individuare le cause, ma la variante cresce in modo esponenziale e sta diventando dominante. Le decisioni finali spettano alla politica, ma in questa zona servirebbe un lockdown duro” ha affermato Liborio Stuppia, direttore della struttura, aggiungendo: “La variante inglese sta letteralmente mangiando viva la precedente. Difficile individuare le cause, ma la variante cresce in modo esponenziale". A preoccupare è anche il fatto che l’età media si sia abbassata di molto e molti dei ricoverati hanno sintomi importanti. Dopo la provincia di Pescara viene quella di Chieti dove i contagi tra giovani son saliti in maniera vertiginosa, no a caso entrambe sono in zona rossa
L’allarme varianti covid da nord a sud
Molti casi di variante covid inglese segnalati anche in Molise dove la stragrande maggioranza dei campioni inviati all’istituto Zooprofilattico di Teramo era caratterizzata dalla cosiddetta variante inglese. L’allarme però riguarda ormai tutta Italia. Dalla Lombardia dove la stessa Regione stima che le varianti Covid-19 siano presenti nel 30% dei tamponi positivi e con una andamento crescente, alla Campania dove, secondo l’analisi condotta da Istituto zooprofilattico, Tigem e Cotugno, un caso su quattro ormai è riconducibile al ceppo mutato, estremamente più contagioso. La percentuale delle varianti covid si aggira invece intorno al 20 per cento in Veneto e Toscana e tra il 25 e il 20 per cento invece in Puglia e Liguria.